CONFERENZA DI MASSIMO SCALIGERO DEL 2 GIUGNO 1979

Massimo Scaligero

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02.06.79

(cliccare sulla data in azzurro per ascoltare)

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 “Tornare in luoghi dove si è molto sofferto, può produrre nell’anima angoscia e paura? L’antico dolore si riaffronta anche quando se ne è intuita la sua funzione purificatrice: perché avviene tutto questo?”

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Avviene perché è così.

Avviene perché non siamo degli esseri compiuti. Siamo degli esseri che in una zona siamo molto avanzati, in un altra un po’ meno, in un’altra stiamo in mezzo equilibrio, in un altra siamo il contrario di quello che siamo in alto.

Però la parte più potente è proprio quella che sta in basso. Perché noi mediante il lavoro interiore troviamo dei momenti di elevazione e ci nutriamo di pensieri non transitori, di pensieri perenni; però quello è un nutrimento eccezionale e la vita ci riafferra… E la natura inferiore che è legata all’abitudine fisica – non perché il fisico sia il colpevole ma perché la psiche è legata al fisico –  malgrado la nostra evoluzione di pensiero la nostra natura reagisce alla maniera antica. E quindi in un luogo dove noi abbiamo ricevuto un grave dolore entriamo lì malgrado che abbiamo tutto superato interiormente, c’è una reazione automatica; quindi guardiamo un oggetto e pensiamo alla persona scomparsa, vediamo le impronte di qualcosa che un tempo c’era e ora non c’è più… E questo ha un potere che viene certamente dalla natura egoica, eppure c’è, e più potente dei bei pensieri di cui ci nutriamo. E è interessante perché così impariamo quale forza dobbiamo dare a quei pensieri, ai pensieri veri, perché all’atto pratico quello che c’è di inferiore è più forte, mentre dovremmo rovesciare la situazione: questo è il lavoro che dobbiamo fare.

Quindi, nel caso qui contemplato bisognerebbe provare se stessi e poi cercare di ritrovare le forze e poi ritornare in quel posto e riprovare se stessi. E piano piano tutto si rimette a posto. E quindi: c’è speranza.

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“Parliamo tanto di pensiero liberato e facciamo del tutto per metterlo in atto (Ecco lo stavamo dicendo).  Perché nonostante tutta la buona volontà ogni qualvolta ci soffermiamo su un pensiero a noi caro, piacevole, simultaneamente si presenta l’immagine del pensiero negativo, distruttivo?”

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(Pensare liberato di Marina Sagramora)

Qui si può dire che bisogna avere un minimo di autorità col proprio pensiero, a questo punto. Quindi quando ci soffermiamo su un pensiero a noi caro… non è un pensiero che ci vincola, è un pensiero che noi abbiamo deciso di volere. Allora dobbiamo avere l’autorità di impedire che altri pensieri si introducano e distruggano il pensiero giusto. Piuttosto occorre dire che: “Perché un pensiero è caro?” Se dentro c’è un minimo di bramosia riguardo all’oggetto allora già è un pensiero un pochino sospetto. Se invece è caro perché è un pensiero dello spirito allora noi dobbiamo veramente avere la fermezza di difenderlo rispetto a qualsiasi distrazione o deviazione.

E adesso qui cominciano delle domande piuttosto… Ce n’è una di… firmata… il logosgrammatico. Il logos grammatico… Però sembra… è scritta in maniera che si può leggere il logo sgrammatico. Comunque la firma non ha importanza perché tanto sappiamo chi è questo. Questo è Ciceruacchio sì quello… quello che… che Giuditta Tavani Arquati eccetera…

Dice così, cita un brano del Vangelo di Matteo e dice: “Andate a imparare che cosa significhi io voglio misericordia e non sacrificio poi che venni per i peccatori e non per i giusti”. Bellissimo. Che si può accordare con quello che è scritto in un’ altra domanda della nostra amica che forse può darsi che non ci sia. “Dal Vangelo di Matteo: <Preferisco la misericordia al sacrificio>. Puoi parlare della misericordia emotiva e della misericordia pensata”.

Ora, questo brano è seguito da un commento del nostro amico topo-grammatico: “Il verbo correggere prima di poter testimoniare la reggenza del cuore deve rimediare il corrotto.” Questo siamo d’accordo. “Poi che tutto si è conrupto nella rovina della corda da cui dipendevamo non pesi e rotta che fu ci fu di peso. Taglio della corda a cui l’oggetto è sospeso avevamo detto l’altro giorno… quindi… tagliata la corda è fatto. Il tutto si è con noi incorrotto, permettendosi nel corrotto… (senti amico mio questa volta…) Che noi nel percorso che ne sorte fuori da consortati a risorti perché allora vantarci esclusivamente della corruzione lasciando ai soli corrotti il titolo, la possibilità di sortire dalla vecchia sorte.”

E’ un pochino il gioco di colui che aveva un quattrino e lo voleva squattrire squattrare squattrovolducare e lo portò dal maestro squattrì squattrò squattrovolducatore dei quattrini…. 

Comunque questa volta l’amico lofogrammatico si salva solo per il fatto che lofos… il lofos sarebbe la parte più alta del cranio in cui, in cui c’è il supporto del loto a mille petali, quindi il  sahasrara-chakra,  quindi lofogrammatico… Invece lui si riabilita per il fatto che ha citato un versetto di Matteo importantissimo che siccome risponde ad alcuni pensieri di altre domande adesso ci soffermeremo proprio su questo.

Dunque, intanto un’altra persona che parla.. “Preferisco la misericordia al sacrificio…” e poi…il riferimento alla Pentecoste: “Il ciclo cristico dei 33 anni e il ciclo pentecostale dei 50 giorni nella coscienza storica di un popolo e nella meditazione del singolo.”

“Mentre venne all’improvviso dal cielo un rombo come di vento che si abbatte gagliardo. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono in ciascuno di loro ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo.”

Questi sono gli Atti degli Apostoli. E poi un altro piccolo brano:

“Io effonderò il mio spirito sopra ogni persona, il sole si muterà in tenebra e la luna in sangue prima che giunga il giorno del Signore”. Atti.

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 Dunque, allora riprendiamo il discorso. Andate a imparare cosa significa:

“Io voglio misericordia e non sacrificio poiché venni per i peccatori e non per i giusti”.

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Questo cela un alto mistero di cui poi ci darà un pochino contezza l’amico Vercingetorige che sta qui ad aspettarci.  Però dobbiamo capire questo, che si riferisce al senso che noi dobbiamo risvegliare della azione del Christo sulla Terra, e credo che sia il momento giusto perché non solo gli avvenimenti ma anche il fatto che siamo … 2 giugno il 3 è la Pentecoste… e noi non ci possiamo permettere di considerare questi avvenimenti accademicamente oppure con buon spirito  antroposofico. Noi dobbiamo avere uno slancio impetuoso per afferrare veramente che cosa c’è in questo.

E lo slancio non è lo slancio soltanto del sentimento: è prima di tutto quello del volere intuitivo.

Perché se noi facciamo una sintesi di quello che ci viene insegnato noi possiamo a un certo punto capire – e ci viene detto parecchie volte – che il Christo poteva non intervenire nella storia umana. E’ Lui che lo ha deciso. E’ l’atto della libertà assoluta. L’atto più potente della libertà riguardo alla storia, a una storia che era avviata e che cosmicamente si andava compiendo con la salvazione di taluni esseri che avevano già vinto (prendiamo tutte le figure dell’Oriente e talune dell’Occidente).

E poi c’era una parte dell’umanità che andava verso una involuzione che non avrebbe avuto conseguenze tragiche, solo il ritorno di una parte spirituale in alto e un’altra come zavorra lasciata. E fu lìche il Logos guardò… (potremmo raccontarlo in linguaggio nostro, banale) e fu preso da compassione verso questi innumerevoli esseri lasciati, andati alla deriva, che andavano ormai verso una china prima grigia e poi buia, perché ormai non avevano più slancio interiore.

Cominciava l’epoca di un autentico materialismo, il peggiore, perché non era un materialismo cosciente ma era un materialismo accompagnato ancora da spinte spirituali… guardate la Grecia, il sensualismo greco, e guardate la potenza fisica dei Romani. E fu allora che ci fu il dono più potente, il dono più grande, inaspettato, qualcosa che fu un atto che noi non possiamo definire, un atto eroico, un atto di suprema donazione verso esseri che veramente erano destinati a decadere, non avevano più speranza di evoluzione, perché andavano veramente a… il Kali Yuga era ormai completo. Ed è venuto un essere che però per poter operare per la salvezza ha rivestito la forma della decadenza, la forma dell’umano; ha dovuto affrontare tutto quello che l’umano aveva ormai di deteriore e di avvilente e l’ha affrontato punto per punto. E’ un dono di cui noi non ci possiamo rendere minimamente conto se non ci mettiamo a contemplarlo col massimo della severità: perché noi corriamo il rischio questo dono di guastarlo. Perché è il dono di un atto assolutamente libero, di un atto che è: poteva anche non compiersi. E adesso spiego perché.

Possiamo spiegarci perché qualcuno diceva “questo esperimento può anche non riuscire”; perché l’uomo può anche respingere il dono. Ma come lo può respingere?  Lo può respingere proprio con la forza stessa che gli viene da questo dono. E che sia un dono non toglie niente alla libertà dell’uomo perché lo riporta a una condizione in cui lui deve veramente realizzare il dono. Lo deve, deve avere il coraggio di farlo funzionare: ossia egli si trova dinanzi a situazioni tragiche che sono superabili unicamente con quella forza, ma quella forza c’è, ma egli non ha l’abitudine a fare appello a quella forza. E quindi è incantato ancora dall’antica natura decadente. L’uomo è decadente mentre la forma della resurrezione è già in lui e si è espressa nella forma più bassa. Quindi… perché il Christo dice “Vengo per i peccatori e non per i giusti”?

Perché per i giusti già c’era qualcosa che operava. Ai tempi suoi c’era anche un Apollonio di Tiana il quale era un essere che non aveva bisogno del Christo perché già aveva l’impulso originario. C’erano anche in Oriente degli esseri formidabili, e c’erano anche in Occidente. Soltanto che il Christo non veniva per questi, veniva per gli esseri veramente sofferenti, per quelli che non avevano speranza di ritrovamento della Luce. Ora questo noi non possiamo saperlo intellettualmente, non lo possiamo sapere come un sapere: lo dobbiamo contemplare come qualcosa che si muove nell’anima come una forza, e che ci fa capire che cosa dobbiamo fare ora, perché questo dono è nel segreto del nostro essere, è nel segreto del nostro volere, nell’intimo del nostro sentire, e prima di tutto nell’intimo del nostro pensare. E quando noi pensiamo già c’è: e allora guardate che uso facciamo del pensiero. Però procediamo per ordine.

Pentecoste: quel dono funziona, e di colpo questi esseri sono investiti da una forza che vince la morte.

La morte.

Finora l’uomo non aveva conosciuto la morte. Tutto il mondo antico è pervaso dall’idea della vita. Non troverete mai il concetto della morte. Appena accennato, ma come qualcosa che non riguarda l’uomo, tanto è vero che i difensori della tradizione sottolineano questo, dicendo che l’uomo antico aveva questa facoltà di essere indipendente dalla suggestione della morte, dal pensiero della morte, ma la realtà è questa, che la vera forza dell’uomo comincia quando l’uomo si sente sfuggire la vita, e comincia a sentire l’esperienza della morte, e comincia a temere la morte perché sente che gli manca il terreno sotto i piedi. Perché ? Perché la sua coscienza è fondata sul fisico. Togliete il fisico e viene meno tutto. E allora la coscienza sente in questo momento che deve trovare un appoggio che non sia il fisico e allora trova il Christo, ma è questo che viene. E questo è contessuto in quello che noi abbiamo detto riguardo ad Arimane, che… povero Arimane… fino a un certo punto però, eh ? Perché bisogna… guai a sentire compassione per Arimane, quello ci dà certe mazzate! Arimane viene chiamato ad operare nell’evoluzione dell’uomo e Arimane lo accetta perché sente che diventa più forte. Perché?

Perché può entrare come dominatore nell’anima dell’uomo, ma ancora nella parte non cosciente, nella parte non cosciente. Però Arimane è paziente, perché il suo sogno… sa benissimo che se arriva alla coscienza dell’uomo, alla coscienza di veglia, lui avrà un’ espansione del dominio, come non si aspettava. E questo si può dire che carica la sua forza di una pazienza e di una tenacia che persino si esprime in ispirazioni sacrali per l’uomo. Guardate all’Egitto, è tutto ispirato da Arimane, tutto il mondo delle mummie:  l’idea di prolungare la vita terrestre alla maniera proprio fisica, per cui si imbalsamava quest’essere, si voleva prolungare questo cadavere… questo è una suggestione d’Arimane.

Quando si incarna il Christo, Arimane viene sconcertato, direi, possiamo dire: traumatizzato, perché sente sconvolto tutto il piano che lui si era fatto riguardo all’uomo. E per un certo periodo rimane sconvolto, e riprende speranza quando? Nei secoli in cui comincia l’epoca dell’anima cosciente, e in cui c’è la perdita del contatto mistico con il Christo. Perché noi sappiamo che questo contatto mistico fu provvisorio  perché l’uomo ancora non aveva l’Io, e quindi ci fu un periodo in cui solo il sentire poteva accogliere il Christo, e questa è l’epoca che noi conosciamo come l’epoca del cristianesimo mistico, l’epoca dei santi più grandiosi, meravigliosi, ma in cui non c’è un rapporto dell’ Io con il Christo.

Quando comincia il rapporto dell’Io questo rapporto si manifesta molto in basso, e comincia – e questo è il punto – e comincia nel grado più basso; laddove quel dono si manifesta come coscienza sensibile che cerca di avere contatto con la realtà, che cerca di connettere se stesso e di trovare correlazione col mondo. E comincia  l’epoca – da Cartesio in poi – comincia l’epoca in cui questa correlazione cristica funziona come indagine della scienza. Irriconoscibile, però riconoscibile da chi riesce ad avere una esperienza chiara del pensiero, perché si può dire che tutti coloro che hanno agito come primi indagatori erano tutti ispirati, erano guidati dai Rosacroce. L’indagatore non ispirato è venuto dopo, perché questi primi indagatori avevano ancora una parte di anima antica aperta all’ ispirazione, quindi erano degli esseri formidabilmente devoti.  Se voi pensate che Giordano Bruno era un religioso: Giordano Bruno viene bruciato.

Ora siamo al punto in cui questo limite, il mondo fisico, fa rinascere la speranza di Arimane, ossia Arimane ebbe il massimo della speranza al momento… fino al momento in cui venne il Christo. Dai primi di questo secolo la sua speranza comincia a rinascere, perché si accorge che l’uomo, abbandonato dalle antiche ispirazioni, e malgrado il soccorso della Scienza dello Spirito, sta perdendo quota. Comincia per Arimane la speranza di conquistare la coscienza dell’uomo, perché ha riconquistato tutto sul piano della subcoscienza. Lo ha riconquistato – adesso non stiamo a fare nuovamente il processo alla psicoanalisi, alla teosofia, a tutti gli occultismi di oriente, di occidente, e persino a certe sclerotizzazioni di quella che dovrebbe funzionare invece secondo l’insegnamento giusto – però la realtà è questa: che questo è il momento in cui Arimane ritorna ad avere la speranza di dominare la coscienza del mondo, e guardate: questa speranza è giustificata.

E questo è il momento in cui si prepara una scelta, il dilemma cosmico, il dilemma decisivo per l’uomo; perché non passeranno molti anni che saremo dinanzi a un bivio, e Arimane sa questo, ha riacquistato forza, perché ha visto che quello che era venuto dal Christo è stato velato, è stato appannato. E l’uomo sta lavorando per lui, questa è la realtà.

Questo non contraddice il fatto che ci siano degli esseri che, invece, lavorano per lo Spirito, che lavorano anche con grande zelo. Però, coloro che lavorano con grande zelo, bisogna che sappiano che non è sufficiente e questo è il senso delle domande che mi trovo davanti e delle risposte che devono essere date.

Non e’ sufficiente, perché il lavoro che noi facciamo, non riguarda solo noi stessi, non riguarda la mediazione, tutte le attività che svolgiamo di gruppo, l’asilo, riguarda anche la collettività a cui noi apparteniamo. Riguarda il mondo, e quindi, i problemetti, sono l’aspetto di una qualcosa che è molto più vasto. E alla vigilia della Pentecoste noi possiamo ricordare che, ogni volta, in questa data, si rinnova la promessa di un potere che l’uomo può riprendere.

Il Dottore parla persino di un testo in cui c’è il mistero della Pentecoste e c’è il segreto della resurrezione del potere dell’ uomo, e Lui dice che una copia di questo testo è negli archivi segreti vaticani e che però non può essere letto, se non da chi ha la sapienza delle cose iniziatiche, e un’ altra copia è nelle mani del Conte di Saint Germain.E allora non è che noi, privi di questo testo, dobbiamo rinunciare a comprendere il senso della Pentecoste, perché nella conferenza in cui il Dottore parla di questo, da’ delle immagini che sono decisive, soltanto che noi dobbiamo farle funzionare, perché due sono le novità che si connettono con la potenza della Resurrezione possibile ad ogni esperimentazione vera dello Spirito.Una è il segreto del Volere, l’altra è il segreto del Pensiero.

Il segreto del Pensiero è la sua trascendenza. Il segreto, ne abbiamo parlato per anni, abbiamo sottolineato questo, si può dire che sì, c’è la Filosofia della Libertà, c’è Verità e Scienza, Teoria Goethiana, Gnoseologia Goethiana etc., però lì c’è qualche cosa che va tratto, un succo da prendere e sono anni che noi facciamo questo lavoro, però ancora è un segreto perché il Pensiero contiene la trascendenza, altrimenti non potrebbe conoscere. Quindi il Pensiero già contiene ciò che conosce e l’uomo usa questo pensiero e ne ha tutti i risultati che vuole, ognuno può averne, ma ignora questo potere del pensiero perché non può rivelarsi solo per il fatto che l’uomo si eserciti, occorre che, veramente, questo sia deciso da un Mondo Spirituale e questo è il senso di tutto il lavoro della Scienza dello Spirito: che questa trascendenza divenga esperienza dell’uomo.

La trascendenza è la forza intima del pensiero, un’ intuizione in cui c’è già la forza dell’azione. Nella trascendenza del pensiero c’è già il Divino, c’è il Logos, quando questo pensiero intuisce delle verità, c’è l’azione della trascendenza, però la trascendenza non è conosciuta. Noi arriviamo alle verità, sappiamo qualcosa, che qualcosa ha folgorato in noi, ed è arrivato al segno giusto, ma se lo afferriamo, dove sta? Perché la trascendenza significa che l’ Io incontra il pensiero e il pensiero da all’Io la possibilità, finalmente, di muoversi, è tutto connesso con questo, quindi non può avvenire se ci sono certi limiti in noi.

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Adesso sospendiamo la questione della trascendenza e vediamo l’altro aspetto che ci spiega il perché sia possibile fare una domanda come questa:

“Inseguendo i pensieri psichici fino alla loro scaturigine, si può scoprire da che cosa sono originati e perché. Allora un raggio di luce riscalda l’oscura anima e si può preparare la presenza del Logos.”

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Ottimo, questo va benissimo, senonché è un’operazione difficile e qui incontriamo il tema del Volere. Il segreto del Pensare è la trascendenza, il segreto del Sentire è la Iside-Sophia, il segreto del Volere lo possiamo cogliere in una espressione del Dottore che noi conosciamo benissimo, perché tutte le volte che il Dottore parla di questo Volere, lui dice: “La forza del Pensare, la vita potente del Sentire”, del Volere dice: “il fine del Volere”. Non dice la potenza del Volere, dice “il fine del Volere”, perché il Volere è la massima forza dell’ uomo. Si può dire che la trascendenza del Pensiero è questo Volere, soltanto che è un Volere legato ai Troni, legato ai Cherubini, ai Serafini. E’ un Volere veramente divino: se noi pensiamo all’euritmia, vediamo un minimo il primo contatto che si può avere secondo quella Scienza, quell’Arte, con questo ritmo dell’Universo, ritmo del Volere.

Però ritorniamo al concetto di “fine del Volere”: questo Volere ci obbedisce, noi possiamo fare quello che vogliamo, se noi lo avessimo tutto, potremmo muovere le montagne e Maitre Philippe fece, Maitre Philippe faceva qualcosa che era qualcosa di simile, perché un giorno, a uno che voleva fargli un gioco di prestigio, disse: “ Beh, adesso faccio io un esperimento. Vedete il cielo come è azzurro? Ebbene, decido che in un quarto d’ora il cielo sia cupo di tempesta e che soltanto qui sopra, in un quadrato, ci sia l’azzurro e non piova.” Dopo un po’ ci fu un addensarsi di nubi, con lampi, tuoni, piogge scroscianti e sopra c’era una cupola azzurra e non piovve. Dopo di che, quel tale che voleva fare il bravone con lui, con gli esperimenti, s’è preso, s’è squagliato e non s’è visto più. Questo è documentato, quindi faceva quello che voleva. Perché? Perché era autorizzato. Quando lui spiegava, dice: “ Io sono autorizzato a fare queste cose, perché certe volte occorre che io faccia vedere qual’è la mia relazione col Divino.”

Questo Volere è possibile, però il Dottore perché dice “Il fine del Volere”? Perché quello è tutto! Perché ognuno ha il Volere che è relativo al fine che veramente persegue e quando uno crede di perseguire il Divino, non è vero, apposta non  viene quel Volere! Perché lui vuole il Divino per ornare la propria vita e per fare da cornice ad una vita nella quale lui si mantiene tutto il suo egoismo e se lo trasforma, se lo racconta in modo mistico. Ho conosciuto un amico, che è un uomo di gran valore, che aveva i calli, dù dita di calli ai ginocchi per quanto stava inginocchiato a pregare, ma io sapevo benissimo che lui per quante preghiere, lui voleva costringere il Divino a entrare in lui e lui rimanere quello che era. Perché, per esempio, negava la Scienza dello Spirito, quindi non voleva conoscere come far agire il Divino che era in lui, quindi il fine suo era un fine egoistico, malgrado i due dita di calli sotto i ginocchi, perché stava veramente, lo sorprendevo sempre in preghiera, in meditazione. Anzi, diceva che io perdevo tempo perché andavo qui, andavo là e il suo fine era quello e quindi non aveva altra forza che quella che, minimamente, lo soccorreva in certi momenti, ma ognuno ha quello che corrisponde al suo vero fine.

Che il vostro fine sia il Cristo, allora avrete il Cristo! Che il vostro fine sia veramente la donazione assoluta e allora il Volere è potente! Il Volere è in relazione al fine di cui si è capaci, ossia all’obiettivo che si è capaci di concepire! Ossia il fine che si può mettere a tutta la vita e che non è quello che noi perseguiamo mentalmente. Quello veramente risponde al nostro grado di evoluzione. Certamente una vita cosciente, una forma di coscienza del pensiero, aiuta a capire questo fine: ecco perché la via del Pensiero è importante, è importantissima perché l’uomo si rende conto di ciò che veramente avviene nella propria anima e non si fa illusioni, perché scopre che vuole il Divino fino ad un certo punto e se lo scopre, si spiega il perché questo Divino in lui non si realizza: perché lui non lo vuole ancora, non ha il coraggio di volerlo, non ha il fine che crede di avere, perché ognuno ha un fine. Ecco perché il Dottore dice “Il fine del Volere, la forza del Pensare, la Vita Cosmica del Sentire”. Il fine del Volere perché questo Volere agisce secondo il fine di cui noi siamo capaci.

A questo punto ero intenzionato di leggere la domanda di Vercingetorige ma Vercingetorige mi perdonerà, per oggi la dobbiamo lasciare, perché il discorso si sarebbe potuto completare proprio con questo e… però prometto di ritornare sull’ argomento nel prossimo mercoledì, perché altrimenti brucerei un argomento meraviglioso.

6 pensieri su “CONFERENZA DI MASSIMO SCALIGERO DEL 2 GIUGNO 1979

    • Una Voce che arriva dritta dritta al punto e non ti lascia più…

      Grazie a chi ha messo a disposizione di tutti queste preziose registrazioni, sono un Dono incommensurabile!

  1. All’inizio eravamo solo Nait ed io. Poi e’ arrivata la generosa collaborazione degli altri ragazzi.

    Nait come tecnico del suono.
    Dan, Veeraj e Kiaro curano la trascrizione.
    Hugo de Paganis, che ha partecipato a numerosissime conferenze di Scaligero, cura la terminologia latina, greca, sanscrita ed eventuali modi di dire particolari di M. S., aiutandoci la’ dove non si riesce a comprendere – ne’ a trascrivere – qualche altra incomprensibile parola.
    Alla fine io revisiono il tutto, ordino la traccia della conferenza, scelgo le immagini e dove inserirle, e pubblico!
    Senza questo essenziale aiuto del team non riuscirei a fare nulla, assolutamente nulla.
    Dimenticavo: Marina Sagramora ci ha dato preziosissimi consigli riguardo al come trascrivere si’ con esattezza ma evitando inutili ripetizioni e pause rimanendo fedeli nello stesso tempo al testo originale.
    Grazie, grazie, grazie!

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