OSSERVAZIONI

Cannoni_Miramari

Ora che Eco ha terminato di pubblicare gli scritti di Massimo Scaligero e di Rudolf Steiner, che comunque possono essere riletti negli archivi dedicati di questo blog, permettetemi di esprimere alcune impressioni in sostanza molto semplici su questi brevi saggi che, tra le carte che possiedo in disordine, mi sembravano importanti  per il contenuto e perché erano testi scritti.

Ho sempre considerato gli Scritti, per molti versi, più importanti di altre cose: certamente la vivacità, in questi, è smorzata o addirittura non esiste, ma essi altresì non dipendono da contingenze e dagli interrogativi di qualche singola anima. Essi sono stati curati e prodotti per tutti i lettori o almeno per tutti i ricercatori che provano interesse per i percorsi della Scienza dello Spirito, sebbene un po’ meno per chi in questa cerca emozioni di qualunque tipo.

Poi non è secondario il fatto che gli scritti i quali discendono da una fulgida visione spirituale possano essere pensati dai lettori, anzi lo scopo del veggente che abbia avuto la capacità ed il permesso di scrivere è sostanzialmente questo: che ogni sua parola possa venir pensata, che ogni nesso tra questa e quella possa offrire da guida a fare altrettanto: ciò diventa un movimento meditativo nostro, che si dipana nella nostra anima: il suo pensiero diventa nostro pensiero, perché possiamo volerlo in libertà e piena consapevolezza. E se per lui lo scritto è esperienza spirituale tradotta in pensieri interconnessi in modo particolare, così – in perfetta chiarità – possiamo risalire il suo percorso. Una caratteristica del pensiero è di non essere qualcosa che uno possiede solo per sé medesimo. Il pensiero è universalmente condivisibile.

Mentre li trascrivevo per Eco, ho osservato, quasi a posteriori (potete credermi, poiché ero in primo luogo attento alla trascrizione, lavoro che a dirla tutta mi è faticoso) che, in realtà, Steiner e Scaligero, seppure in maniera diversissima, non si rivolgevano affatto al lettore onnivoro, al “turista (spirituale) per caso”, ma a tipologie animiche non proprio comuni (secondo la terminologia di Evola: differenziate), comunque, in un certo qual modo, particolari.

Come spesso accade all’impressione dei lettori, il linguaggio del Dottore, poiché incurante delle ortodossie terminologiche, sembra forse più semplice, mentre quietamente apre le porte alle conoscenze più elevate – più ardite – che possano essere avvertite sul limitare del pensiero sveglio e consapevole. Certo, Egli invita a prestare la massima attenzione verso tutte le facoltà dell’anima, ma per poter fare ciò è necessario che l’indagatore non ne sia in queste sommerso: dunque è bene vivere appieno i moti dell’anima ma è al pari importante procurarsi la forza per poterli contemplare in assoluta indipendenza.

Scaligero sfida, nei quattro scritti presentati, la difficoltà di offrire i mezzi per comprendere la situazione in cui si trova immancabilmente il pensiero ordinario, sia esso esotico o esoterico, il suo limite e dunque il modo per il suo trascendimento. Operazione non facile, perché il lettore non può non usare se non il livello di pensiero che dovrebbe superare: la comprensione di tale superamento – possibile a tutti ma difficile a molti – è uno dei motivi della ripetitività di alcuni concetti fondamentali che riappaiono costantemente nella lettura dei suoi scritti.

Scaligero, come ho già evidenziato in una noterella precedente, si rivolge agli esoteristi di qualsiasi appartenenza o scuola per svegliare in essi l’idea di una priorità epistemologica ed operativa ignorata, nonostante la loro passione: che molte volte si avverte geniale, impetuosa, ma che essi credono venire dalle profondità della tradizione abbracciata: una splendida audacia “naturale” che diviene, proprio a causa del pensiero discorsivo che l’avvolge, il limite che andrebbe eroicamente superato.

Eppure, almeno a mio parere, non è soltanto la Scienza spirituale ad unire nell’essenza tali grandi figure, non sono solo i contenuti, ma anche il rapporto che c’è o potrebbe esserci tra questi ultimi ed i lettori.

Senza pregiudizi è facile notare ciò che non c’è: ambedue trattano di esperienze spirituali, di realtà operative senza darsi alcuna pena per quanto vive nel contingente sensibile quando esso si riflette nell’anima, mentre informano l’indagatore su quali possono essere le vie da intraprendere al massimo delle forze. Fondamentalmente si appellano all’impulso alla trascendenza.

Permettetemi un siparietto che già in sé spiega qualcosa. Mi è stato raccontato da un amico che, andato un giorno a incontrare Scaligero, questi, appena esauriti i saluti, impassibilmente gli chiese ragguagli sulla salute del suo gatto. Avuta risposta (il gatto stava benissimo), Scaligero continuò ponendo domande su cose di tenore più o meno simile. Ottenute monosillabiche e stupite risposte in merito, Scaligero con più vivacità esclamò: “Ma allora oggi possiamo parlare di spirito!”. Poi, mantenendo un lieve umorismo raccontò qualcosa della valanga di frattaglie settimanali postegli sul tavolo dai tanti deferentissimi amici.

Morale della storiella è che se le condizioni del gatto o di ogni altra cosa si presentano come il prius interiore, diventa impossibile concedere se stessi ai momenti di disciplina, questa iniziando da una lettura in pensieri desti di un testo spirituale e che poi potrebbe giungere fino alla contemplazione. Itinerario impossibile per chi non riesce a dominare le sue preoccupazioni e le banalità che sempre infesteranno l’anima: abbiano pur esse una giustificazione o siano frutto di fantasia: c’est toujour la même chose.

In questo genere di cose Scaligero si è mostrato (quasi sempre) molto paziente, compassionevole e gentile. Anzi, ho potuto constatare che, se nel tempo qualcuno deludeva la propria potenzialità di ascesi, verso costui aumentava in Scaligero la gentilezza. Del resto chi fu presente e desto in quegli anni alle riunioni settimanali potrà convenire circa la sua santa capacità di incamerare in alte tematiche domande che forse avrebbero imbufalito anche Sorella Mitezza.

Più severo fu il suo Maestro, il dott. Colazza, capace (a fronte di certi incontri e domande) di rimanere in silenzio per due o tre minuti per poi indicare con il massimo risparmio di parole, la porta d’uscita (nell’estrema decadenza animica dei giorni nostri, tale modo di comportamento apparirebbe incivile ed insensibile). Colazza, per tutta la vita, in quanto dedicata all’antroposofia, randellò senza patemi anche amici carissimi e di gran caratura (ho copia di lettere personali che lo confermano) quando questi scivolavano in ciò che per lui era uno dei grandi nemici della Scienza sacra: il sentimentalismo spiritualistico.

Non a caso, tra le costanti accuse che gli furono sempre rivolte dai sodali della Società, capeggiava il suo rarefatto menzionare il Cristo e l’amore.

Negli scritti di Scaligero che avete letto su Eco avete trovato – nonostante le difficoltà contingenti – una formula essenziale che, sulla via di Michele, va dal pensare al Logos.  Tutto qua? Infatti, cosa volete che ciò sia per chi ha un ego di gran taglia? L’ascesi attiva è proprio quello che sembra interessare pochissimi tra i pochi. Gli altri sconigliano via lesti. E questa non è solo una sensazione: dovreste vedere come diminuiscono i lettori interessati!

Passiamo oltre: sulla stessa linea, Steiner è ancora più sintetico: nel titolo del suo quarto saggio trovate tutto l’essenziale: “Coraggio e paura dell’anima”: tutte le vicende singole, i drammi attraversati da ognuno, si contendono il campo della vita interiore, a qualsiasi livello, tra ciò che questi due termini significano per l’intera entità umana ed il suo destino.

Aggiungo che, contrariamente alla comune abitudine interpretativa, il coraggio e la paura non sono, all’origine, sentimenti, ma potenze sovrapersonali.

E’ sempre una questione di livello: Steiner e Scaligero scrivono di operazioni interiori, esperienze e realizzazioni che sono difficili o difficilissime, che però possono essere intuite ed è dunque anche possibile, per ogni essere umano, afferrarne il senso per poi ad esse tendere o rifiutarle.

In questo tendere o rifiutare gioca anche la libertà umana: dunque la scelta, quale possa essere, mi pare comprensibile, onestamente accettabile, non fosse altro, per il rispetto dovuto al dharma del singolo.

Provo un rispetto – sacro – per la figura metafisica – incarnata o disincarnata – di ogni essere umano: è lo sfondo reale che, di fatto, stempera di molto le asperità dei giudizi che non mancano in queste righe.

Però, fate ancora uno sforzo per seguirmi. Nemmeno so a che possano servire – non i miei articoletti, sciapi e rozzi – i brevi e densi saggi dei Maestri che avete finito di leggere su Eco.

Perché parlo così? Perché non li si vuole, perché urtano, perché offendono quelli che imbrogliano le carte, perché disturbano chi vorrebbe trasformare a propria misura – piccina e bislacca – l’Opera e l’Insegnamento di Steiner e Scaligero ( vengo a sapere che vi sono pure gli sciocchi ai quali i contenuti interessano assai poco o niente rispetto al dedurre che potrebbero essere solo tentativi di contrapposizione. Santiddio! A cosa? Va a sospettare che pure i Maestri siano, in qualche modo “arroccati e unilaterali” con la “sindrome di Fort Alamo”!).

Però è involontariamente vero un aspetto, colto da tale indecenza d’anima storta: sono di per sé praticamente opposti a ciò che viene esposto e trangugiato nelle mense collettive dello spiritualismo diffuso (confuso). Su tale piano sono incomprensibili. Fanno paura.

Esiste inoltre un problema a cui non si è abituati: nel comune comprendere, il compreso entra senza grandi difficoltà nell’archivio della memoria: è un processo naturale e lecito. Con le comunicazioni riguardanti lo spirituale le cose cambiano: chi legge può comprendere logicamente lo scritto, i cui nessi interni però scompaiono, come per magia, nel ricordo. Rimane il sentimento dell’aver compreso ma una corretta riproduzione in retti pensieri è impossibile.

Da qui il giudizio sbagliato che fa dire che “Steiner è facile e Scaligero è difficile”. Mentre semmai è vero il contrario.

I Nostri hanno scritto in tempi diversi, osservate ad esempio come, agli inizi del XX secolo il Dottore avvertiva ben poco il pericolo dialettico: non era una priorità che andava affrontata per le anime dell’epoca. Poi il Tempo galoppa ed il verbale astratto (dopo la II Guerra mondiale) afferra la coscienza umana ed è contro questa nullificazione che principia l’insegnamento di Scaligero (credo che ora, dopo solo poco più di trent’anni, Scaligero stesso si esprimerebbe già  diversamente). Comunque egli, vedendo l’incapacità degli antroposofi e dell’umano generale, di risalire oltre la forma delle descrizioni e delle conseguenti impressioni, a dir poco primitive (nei Paesi di lingua tedesca fioccarono grafici o persino artistiche stampe riassumenti tutta l’evoluzione cosmica, dall’antico Saturno in poi e testi riassuntivi facilitati), elaborò un linguaggio che porta alla massima tangenza l’esperienza interiore nel modo della forma. Ciò sfugge, e di solito non resta nulla nel cervello fisico: la “difficoltà” di cui tanto si ciancia risale all’incapacità di volere il pensare, che non è un prodotto della materia e nemmeno una sorta di eco vocalica. Occorre muovere il pensiero, ossia tendere a sperimentare.

Il comune “ricordare”, nel campo in cui si tratti di Spirito, fa un male della malora: lo si estrae dalla corporeità contaminato da molto del buio che c’è in questa (l’odio del doppio arimanico). Poi ci si domanda del perché degli eterni contrasti personali che fanno da sfondo fisso tra discepoli, magari della medesima scuola. E’ del tutto possibile che impiegando più energia nei processi conoscitivi e nel lavoro di ascesi questi scontri si esaurirebbero per motivi di lavoro e di livello.

*

E qui, scusate, passo ad altro tema:  chiedo, seppure nella contingenza delle cose del mondo dove si scambiano sempre apparenze per sostanze, se per caso  mi è forse stato proibito esprimere al minimo un giudizio? Chi non me lo permette? Dovrei infilarmi in testa e in bocca una mordacchia per non urtare la dogmatica orba di Tizio o Caio?

Il giudizio, non proprio positivo, che ho espresso su parenti di Scaligero, beninteso per quanto si svolse in tempi successivi alla sua scomparsa, ha infuriato molti. Vi sono state pressioni un tantinello ardite (forse eccessi di buona volontà per farmi convertire a conversioni verso cui non convergo): tutta roba ridicola, spero, e che tengo in nessun conto .

Tali reazioni ad un’opinione fondata, se non fosse altro, sulle tombali parole di Scaligero, che si vogliono dimenticare o non tenere in alcun conto, dimostrano almeno in parte l’assennatezza dell’iconoclastia che mi si contesta.

Sembrano esserci, nel panorama antroposofico, figure che sono intoccabili, che se le sfiori con un pensiero che non sia di devota adesione, sei condannabile per blasfemia! Già quello che dissi, in semplice onestà, ovvero che sulla signora berlinese sospendevo ogni giudizio mentre ero rimasto basito dalla scolastica simil-guenoniana dei suoi difensori, ha sollevato il polverone della “lesa maestà” e volgari critiche su quanto mai avevo né pensato né scritto ma che mi sono state cucite addosso da chi mi fu amico fin l’altro ieri e che ora, per motivi a me estranei, pare traboccare di avversione distillata.

Ragazzi, documentatevi con cuore ed intelletto: e scoprirete che i migliori discepoli di Steiner furono quelli che seppero mantenere una ferma (persino feroce!) autonomia e capacità critica nei  confronti suoi e delle discipline sino a quando la loro stessa esperienza confermò le indicazioni del Dottore e la sua grandezza: ma è questione di autonomia interiore, di intuirne il valore. Se questa manca parlo al vuoto.

Però il polverone è conturbante e potrebbe essere esaminato alla luce delle abbondanti indagini del dottor Freud riguardanti le pulsioni verso das Mutter  più che con i mezzi della Scienza dello Spirito. Comunque, a chi sta davvero fuori dalle beghe di bottega, pare piuttosto che si tratti di un fenomeno di antroposofismo misticizzato e inchiodato, ridotto (pure quello!) a chiesismo, chiesismo ruzzolato nei settarismi esasperati dove ricerca e conoscenza sono astrazioni dissacrate, ammazzate e ben  sepolte. Ho potuto constatare nel nostro Paese, un po’ dappertutto, come tante anime intrise di cattolicesimo (e pure da ismi di lega inferiore), scivolino senza alcun mutamento interiore verso ammaestramenti scientifico-spirituali: il risultato è un ircocervo che trasmette il peggio del primo nei secondi.

Si è giunti ad un punto tale di ipogeica bassezza che chi ascoltò per molti anni il verbo della saggezza, oggi irride chi sa meditare nella propria stanza o, se volete, nella sua yurta o nel teepee (all’aria aperta, probabilmente, il giudizio non cambierebbe) snaturandone la realtà come se chi medita contemplasse inebetito il proprio ombelico. Però vige ancora e sempre la speranza che arrivi qualcuno che sia portatore di una rinascenza, come un vento di freschezza giungente magari da Berlino o da Singapore. Che arrivi da fuori e da lontano. Mi dispiace.

Così l’Io che si è, anche se non pare molto, viene sempre lasciato indietro: certamente sembra che non abbia dato granché… eppure nel lungo termine una incrollabile dedizione e una grandissima pazienza a opera dell’Io cosciente sarebbero già il miracolo che non arriva mai quando lo si cerchi fuori e a caso. Se si attinge al coraggio di guardare la situazione come essa sia, senza fantasie consolatorie, non dovrebbe essere impossibile realizzare quanto la via sia stata percorsa poco e male. E chi, sedotto da nebbie mistiche o  da viziate svogliatezze, ha svolto poco e male il compito, con quale diritto sfrutta la dabbenaggine della gente?

Piuttosto pare che l’idea dell’azione si traduca, a conti fatti, nel fare da appassionati campioni degli “occultologi fuori di testa” (termine felice apparso sui quotidiani nazionali) e dei volponi venditori di corsi di puzze fritte. Questa è l’azione? Ma va?

Lettori interdetti si chiederanno in cosa queste ultime righe abbiano a che vedere con gli scritti di Steiner e Scaligero: potrei rispondere: poco o molto o niente del tutto: dipende dal punto d’osservazione.

Molto di questo ambaradan –  certo malamente – di cui ho scritto, si presenta come parte del quadro che davanti alla conoscenza (Steiner) o nell’esperienza (Scaligero) non dovrebbe neppure esistere: adesione alle fantasie della psiche e fede in ciò  che è il rifiuto o l’oblio della conoscenza o esperienza che, in alcuni momenti in talune figure, forse almeno come direzione, inizialmente ci furono. Oggi però costoro paiono ricordare ciò che resta dopo aver bevuto a garganella dalla spumeggiante acqua del Lete.

Il pensiero della testa, nel vero esoterismo, non è sufficiente. I sentimenti della zona mediana, nel vero esoterismo, non sono sufficienti. Mentre cercare costantemente in altro ciò che urge nell’Io è il capovolgimento dell’assunto apicale della moderna Scienza dello Spirito.

A meno che non risulti una strutturale incapacità di discriminare tra ego e Io, tra anima e spirito. Allora si sparano continue bordate contro l’uno o l’altro solo per questioni di carattere, che, per analogia è soltanto la carta, la confezione e non l’oggetto. Con quale metro si invalida tutto? E dietro una sottile facciata di comprensione o accondiscendenza  più falsa di Giuda, vedi tutti i colori umorali che si sventagliano: dal risentimento per passare all’antipatia sino al livore ed all’avversione più radicale.

Il nocciolo del problema  resta sempre una questione di livello: rigorosamente distinto e distintivo rispetto alla sfera in cui si esplica il proprio inutile monologo discorsivo, vuoto di morale poiché consistente nella brama moralistica di riversare il proprio modo di sentire nelle altre anime. Genericamente, i detrattori grandi e piccini della via del pensiero (nonché i finti estimatori), mancano di disciplina interiore, né conoscono neppure l’ombra di cosa sia il volere super-personale. Questo lo scrivo con sicurezza certa: so che è così (ne uscirebbe un trattato). Sono intontite frange di pupari e pupi: corrotti dalla lunga frequentazione (fornicazione intrecciata) di personalismo e antroposofismo. Così tutto va ridotto al corpo morto della  scienza dello spirito subordinata ai propri fini.

Con le chiacchiere si è così lontani dalla vera Scienza dello Spirito che nemmeno si concepiscono le esperienze che il ricercatore trova lungo il cammino interiore che – santa pazienza! – è davvero un cammino su gradini illuminativi di percezione verso il riequilibrio degli eteri presso il cuore: da dove ascende in quieto, gioioso e inarrestabile impeto la potenza cosmica del Logos: mahâkâly ânanda.

E’ la forza che fluisce nel centro come nelle lontananze: si sperimenta quasi oltre la più intima realtà di noi stessi come essa sia l’illimitata portatrice di salvezza, redenzione e trasformazione dell’uomo e del mondo sin dentro la mineralità di questi: giungere ad essa è azione vera, tentare di giungere ad essa è azione vera:  le discipline portano l’operatore ascetico ben oltre i limiti e i luoghi conosciuti dagli uomini ma non ci mondano interamente dalla nostra infamia quotidiana. Perciò, alla fine è la Forza ciò che si dona, che sboccia:  qui in Occidente possiamo chiamarla col nome antico di Misericordia divina: l’Avvocatessa che interviene a salvare l’anima dal giudizio schiattante degli Dei.

Le discipline che investono tutto l’essere divengono la retta domanda: solo alla retta domanda risponde il Cielo.

Ma anche nel suo minimo, nei più timidi vagiti, è questione di spirito, non di anima  quando e se questa viene confusa  con il calderone di istinti, vitalismi e passioncelle personali e talvolta di volgare benché astuto plagio. Che confusione, forcuti amici miei!

E’ sempre una questione di livello ma chi è prigioniero della propria anima non sa di che parlo.

4 pensieri su “OSSERVAZIONI

  1. Chiedo gentilmente all’amministrazione di Eco di togliere dalla 1° pagina il mio lungo vaniloquio (tra l’altro farcito di riprovevoli attacchi verso luminose figure).

    Tra l’altro mi risulta che, in forma di bozze, stazionino in Eco temi più pregnanti e soprattutto più seri.

    Grazie!

  2. Mi dicono dall’amministrazione che l’articolo e’ stato molto letto e riletto. Piace anche a me….., mi dispiace Isidoro, ma devi attendere che venga pubblicato il prossimo post per vederti retrocedere….. :P, magari stasera o domani…….Poi per scomparire dalla home dovrai almeno attendere altri 14 post, affinche’ il tuo vada nello storico dei piu’ vecchi……Percio’ rassegnati, sei sempre li……onnipresente……perche’ nel frattempo chissa’ quanti altri articoli scriverai e pubblicherai……. sempre belli cosi’ eh? Mi raccomando!

  3. Isidoro, più che cannonate o riprovevoli attacchi verso luminose figure che neanche conosco, le tue parole sono benefiche frustate per la parte infedele dell’anima di ciascuno di noi.
    Quindi grazie. Brava Savitri, non cancellare niente…

Lascia un commento