SPIGOLATURE (continuazione)

 

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Richard Wagner e John Lennon, ad un secolo di distanza, rappresentano due ideali che paiono contrapposti. Nel maestro di Lipsia emerge la sacralità nel dramma dell’avvenire impregnato di significati e significanti fin all’ultima nota e per contro, sull’altro lato, abbiamo l’irridente dissacrazione lennoniana del non-sense elevato a paradigma fondante la realtà. Ambedue Richard e John, hanno cercato un ideale artistico totalizzante, musicale ma non soltanto musicale. Ambedue possono essere messi a confronto per la loro personalissima (ed in fondo impolitica) idea di rivoluzione. Ambedue vissero con immensa sofferenza personale, la ricerca di un irraggiungibile ideale estetico-politico. La convinzione che il mondo possa essere trasformato dall’artista, accomunò il Ragnarǫk nibelungico alla fantasmagoria liberatrice del Rock and Roll dei Beatles. A margine, l’assonanza e la similitudine lessicale tra due termini, sono un vezzo tipicamente ed assolutamente wagneriano.

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Il Tramonto degli Dei o Götterdämmerung  è un’opera che presagisce in modo simbolico, la fine di un  mondo ordinato dall’alto. In Wagner emerge la fine del sacro, quale valore fondante della società. I sentimenti e le pulsioni morali che agivano ancora come eco, in  uomo di metà Ottocento, dal secondo dopoguerra non esistono più. Nelle canzoni dei Beatles quel mondo è già finito, la libertà è conquistata al prezzo della perdita di ogni valore tradizionale.

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Chuc Berry, il nero bluesman afroamericano, l’idolo chitarristico del giovane Lennon cantava:”liberami dai tempi antichi”. Ovviamente Lennon fu esaudito e si liberò dei tempi antichi. Fu annullato ogni valore, nemmeno la ricchezza economica si dimostrò  appagante. Non restava a questi figli di una libertà sconfinata che fa capolino nei primi anni ‘60, che cercare il sopramondo in qualche sostanza psicotropa. Ma anche quest’illusione insana, franò miseramente. Fu il vuoto. Un vuoto abissale. Restò solo la libertà, ad impregnare miticamente l’immaginario delle nuove generazioni della Rock Era. La liberta’, da strappare agli adulti ed alle convenzioni, alle istituzioni, alle religioni.

                                                           

La musica terrestre e la vita e l’opera poeti e di compositori, è quindi uno piccolo spiraglio aperto sull’altrove. Uno spiraglio dal quale possiamo osservare, di nascosto e per brevissimi momenti, echi tratti dalla Danza degli Spiriti del Tempo.

                                                                                             

Il “Crepuscolo degli Dei”  secondo una esatta traduzione avrebbe dovuto chiamarsi in altro modo: Fato degli Dei. C’è una vena di speranza nella parola  Fato, che viene a mancare nell’idea di Crepuscolo. E la speranza è  il silenzio liberatore del figlio di Odino. Wagner colse l’aspetto salvifico del mito norreno e lo tradusse inconsciamente nell’ultima sua opera, Il Parsifal. Non abbiamo nessun elemento a conferma eppure Parsifal definito da Wagner Il puro folle richiama  in molti aspetti Viðarr, il Silente, il figlio di Odino.

(per saperne di più)

http://it.wikipedia.org/wiki/Il_crepuscolo_degli_dei

                                                                                    

Secondo il mito norreno, la scarpa con cui il giovane Viðarr spiaccicò a terra la mascella di Fenrir, fu confezionata con avanzi di cuoio delle calzature di tutte le generazioni passate presenti e future. E Viðarr non ebbe timore di radunare e cucire le pelli del suo stivale, non ebbe ribrezzo nel toccarne le suole. Le sue scarpe non resteranno fuori dal tempio dell’esperienza umana come calzari fuori d’una moschea musulmana.   Fu una terrestrità greve e opaca vissuta nei suoi dolorosi aspetti d’innalzamento e di degradazione, temprata dal silenzio meditativo, a rendere implacabile la forza  dell’eroico gesto del giovane figlio di Odino. La fine di Odino rappresenta il tramonto di un  una società esteriormente ordinata dal sopramondo.

                                                               

 La desacralizzazione del mondo in Wagner è voluta espressamente dagli Dei che hanno preparato il declino del loro agire a favore della libertà.


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Amburgo 1960. Crash! Rory Storm con un colpo di tacco ben assestato sulle tavole del palco, fece franare in una voragine sottostante la batteria e gli amplificatori. Chi avesse sfondato per primo il tavolato del palcoscenico che poggiava su solide casse di birra avrebbe vinto quella gara. I Beatles, seppur sconfitti dal complessino concorrente, sghignazzarono nella cantina. Per alcune ore non avrebbero suonato. Chi non rise affatto fu Bruno Koschmieder , il proprietario del bar che dopo aver a lungo inveito contro quei deficienti degli inglesi, dovette far andare tutta la notte il Jukebox gratis affinché la gente ballasse.

(Per saperne di più)

http://it.wikipedia.org/wiki/Vi%C3%B0arr

Tutto sembrava permesso, nell’Amburgo portuale degli anni ’60, un solo tabou resisteva: far riaffiorare il recente passato del Terzo Reich. Erano passati quindici anni dalla fine della guerra e tutti, formalmente, volevano o dovevano dimenticare la Germania di prima. Ma John, oltre una certa ora, trasgrediva impunemente anche questo divieto, rivolgendosi alla sala con il saluto nazista o mettendosi addirittura una svastica di carta intorno al braccio. Nei gesti nazistoidi che John improvvisava sul palco ad Amburgo, prevaleva semplicemente il gusto della provocazione portata all’estremo limite. Bruno, il proprietario del pub ogni tanto si infuriava per il protrarsi delle scempiaggini parapolitiche del ragazzo di Liverpool che rischiavano di provocare risse con i nostalgici o peggio, di fargli chiudere il locale.

 

John Winston Lennon, con il secondo nome voluto dalla madre Julia, per celebrare Churchill, il mortale nemico di Hitler. Nato il 9 ottobre del 1940 in mezzo ai più terribili bombardamenti. Mentre i tedeschi radevano al suolo interi quartieri della sua città, il piccolo metteva piede in questo mondo. Un certo livore antigermanico lo assunse quindi con il latte materno, John Winston Lennon. Non fu mai disciplinato, anzi la verga correttrice del direttore scolastico scese più volte a colpire le terga di quel ragazzino indomabile. Diventò con gli anni uno studente distratto, anarcoide ed individualista, innamorato artisticamente del nero americano Chuck Berry. Berry, il suo idolo, il fondatore di tutta la tecnica chitarristica rock con l’urlo africano che canta la ribellione verso gli adulti, la famiglia, il lavoro, le false moralità! Chuk Berry era il suo modello, un negro che era l’antitesi del prototipo razziale ariano del Terzo Reich. Ma John era tutto ed il contrario di tutto, uomo antinomico per eccellenza. Pur essendo antimilitarista ed antigerarchico, coltivava inspiegabilmente una vera fissazione per l’impero romano. Pur professandosi antirazzista era più che sensibile per le figure carismatiche ed assolutiste della storia.

                                  

Lennon voleva far emergere la sua volontà a qualsiasi costo. Tutti dovevano eseguire i suoi ordini, ridere quando facevo qualche scherzo e lasciarlo comandare. Ma John non era un politico e non riusciva sempre ad essere il leader, specie quando si scontrava contro la diplomazia astuta di Paul o l’intelligenza e la sensibilità estetica di Stu il suo migliore amico fin dalla scuola d’arte di Liverpool.

                                                              

In quella combriccola da un lato spadroneggiavano le figure dei grandi miti e i tipi duri del Rock and Roll, con Gene Vincent, James Den, Marlon Brando, dall’altro veniva apprezzato l’esistenzialismo francese.  Lennon e l’amico Stu, pittore imprestato alla musica, avevano un substrato culturale e sociale che li faceva sentire in sintonia non solo con i Rockers ma anche, appunto, con gli Exis, gli esistenzialisti. I Rockers erano generalmente proletari o proleten, come alle venivano indicati con ironia dai tedeschi più abbienti. Gli esistenzialisti, di estrazione media, erano più interessati a Jean – Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Juliette Greco e Albert Camus. La bella fotografa Astrid Kircherr ed il suo ragazzo Klaus Voorman ad esempio, facevano parte di questo secondo gruppo. In quegli anni gli Exis portavano il ciuffo spiovente sugli occhi mentre i Rockers puri amavano le pettinature vaporose all’indietro di impronta americana. Quel caschetto che ricordava i paggi del Medioevo, era una moda esistenzialista e per i tedeschi si chiamava pettinatura a fungo, Pilzenkopf.

(Per saperne di più)

http://www.informagiovani-italia.com/i_beatles_ad_amburgo.htm


 

Quella compagnia di giovani integrava questi due mondi così opposti che diverranno la cifra stilistica dei Beatles di domani. Perché grazie alla magica miscela della musica del gruppo di Liverpool, con il tempo, si persero le rigide connotazioni di arte “alta” ed arte popolare. Questo superamento sarà l’eredità più importante del variegatissimo genere musicale che in futuro prenderà il nome di musica postmoderna.

(Continua)

RESOLARIS

 

 

 

 

 

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