Tolleranza e severità, pazienza e intransigenza di Massimo Scaligero

Massimo Scaligero

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In questa epoca stupida e malvagia si hanno le idee alquanto confuse su che cosa siano “tolleranza” e “pazienza”. Addirittura, da parte di intraprendenti arrivisti, di spregiudicati provocatori, si giunge cinicamente a fare calcolo sulla tolleranza e la pazienza altrui come di strumenti coi quali disarmare persone che in maniera confessata o inconfessabile si disprezzano e si ritengono ingenue, candide, sostanzialmente stupide, e quindi illimitatamente manovrabili, strumentalizzabili da parte di coloro che si arrogano spregiudicatamente tale diritto-privilegio in quanto si ritengono “intelligenti” e “furbi”. Di tali furbi, furbastri, furbazzi è strapieno il variopinto mondo dell’esoterismo e l’alquanto turbolento milieu delle comunità spirituali.

Una tale spregiudicata, lucidamente cinica, strategia di disarmo di coloro che avversano i suoi cristallizzati dogmi, si sottraggono al devoto omaggio feudale richiesto e si permettono di ostacolare i suoi progetti di «possessio mundana», è da sempre adoperata dalla parte avversa, ossia dalla nota Potenza Straniera d’Oltretevere, e soprattutto dalla sua efficiente milizia, la mai troppo infamata Compagnia.

Infatti, la parte avversa così apertamente dichiara: «Noi vi chiediamo tolleranza in nome dei vostri principi e dei vostri ideali, e ve la neghiamo in nome dei nostri dogmi e dei nostri interessi!». Bisogna riconoscere come in tanta perfidia vi sia una sua sinistra geniale grandezza, un suo ambiguo fascino, da beauté du diable, direbbero i francesi. Naturalmente, una tale machiavellica strategia viene adoprata soprattutto nei ricorrenti periodi di debolezza, di decadenza della parte avversa, quando per esempio il concupito potere politico o mondano (come prima dell’ascesa al potere di quel mostro di ogni crudeltà che fu l’infame Imperatore Costantino, persecutore degli Iniziati e dei Misteri) è ancora da conquistare, oppure come dopo la caduta del potere temporale dei Papi (come avvenne in seguito alla presa di Roma da parte delle truppe del Regno d’Italia).

Mentre col potere saldamente nelle mani di colui che, usurpandolo, si arroga il titolo sacro di Pontefice Massimo, l’arroganza più estrema del potere viene voluttuosamente assaporata, la brutalità più intollerante viene apertamente ostentata, la violenza più gratuita viene messa in atto su ogni piano contro individui e contro popoli, come insegnano la storia dell’Inquisizione e le crociate contro gli eretici, sì da giustificare pienamente l’appellativo che i Catari davano alla straniera potenza transtiberina quando la apostrofavano di essere «la prostituta di Babilonia, seduta sulla Grande Bestia, con in mano la coppa, assetata del sangue dei martiri», in ciò assecondati dalle mordaci parole del ghibellinissimo Dante, e di tanti temerari testimoni della Verità.

Ci si potrebbe chiedere quanto sia savio e lecito essere tolleranti, e pazienti, nei confronti degli intolleranti, soprattutto quando l’intolleranza sistematica ha come fine l’alterazione e la distruzione di una comunità spirituale. La risposta non potrebbe essere univoca, perché il Mondo Spirituale non è nulla di cristallizzato, di consequenziale a leggi, punti di vista e regole umane, che sono meramente soggettivi, antropomorfici, variabili e contingenti. Non può esservi una invariabile, e in quanto tale dogmatica, regola umana.

Un Maestro spirituale non si pone mai il problema di seguire un codice comportamentale precostituito, bensì partirà sempre dalla oggettiva richiesta degli eventi, dalla richiesta che emerge dal profondo delle anime di coloro che lo vogliono incontrare, e talvolta lo scelgono come Guida, come Istruttore spirituale. Nel caso di Massimo Scaligero, la richiesta degli eventi, o quella profonda delle anime, poteva andare perfettamente in rotta di collisione con le aspettative “coscienti” – ovverossia “psichicamente” e “intellettualmente” coscienti, e quindi spiritualmente niente affatto veramente coscienti – di coloro che a lui si rivolgevano, non cercando una vera risposta, bensì un opportunistico consenso a quanto loro stessi già si erano risposti nel loro ipocrita teatrino interiore, e che desideravano sentir risuonare a conferma al loro orecchio.

Massimo Scaligero non tollerava affatto né la menzogna né l’ambizione. Smascherava spietatamente ogni recitazione, ogni ipocrisia, indifferente ai sentimenti di avversione che rabbiosi potevano talvolta insorgere nell’animo di coloro che – delusi nelle loro velleitarie aspettative – si vedevano messi così indesideratamente a nudo nei loro aspetti più accuratamente celati.

Oggi, persone tutt’altro che disinteressate (che il più delle volte neppure lo hanno conosciuto o mai incontrato) cercano di diffondere una prefabbricata immagine di Massimo Scaligero come di uomo accogliente, paziente, tollerante e permissivo, ossia come di una persona sicuramente “buona” ma un po’ “lenta” (abbiamo sentito di persona più volte di cotali ragionamenti) e si cerca di usare questa prefabbricata immagine nell’ambito di quella machiavellica strategia di disarmo spirituale dei veri combattenti interiori, i quali saranno senz’altro turbolenti e pieni di difettoni e di alquante unilateralità, ma che pur sempre si misurano duramente ogni giorno e più volte al giorno, con una Ascesi del pensiero aspra e irta di difficoltà di ogni genere, e cercano ogni volta di riaccendere e di riattizzare la fiamma gelosamente custodita nel cuore.

Massimo Scaligero era tollerante e aperto con le persone sincere, qualunque fosse la loro origine umana, sociale, culturale, esoterica, indifferente alle eventuali appartenenze confessionali o ideologiche. Egli era estremamente paziente nei confronti delle debolezze personali, intellettuali o anche morali. Al massimo poteva, per disincantare chi si rivolgeva a lui dando troppo peso alla molta o poca intelligenza, alle sentimentalità o agli istintivi attaccamenti, darsi ad una spiritosa presa in giro, ironizzando sugli aspetti comici che gli aspetti umani dei suoi amici e discepoli inevitabilmente mostravano.

Io, che ebbi la ventura di conoscerlo allorché avevo solo diciannove anni, e di incontrarlo in seguito circa duecento volte (sino all’ultima volta, poche ore prima che ci lasciasse), posso dire di essere stato preso in giro in molte forme, e scosso energicamente da certi irrigidimenti interiori o da certi limiti che mi sembravano difficilmente superabili, con metodi da Maestro Zen, ossia con metodi infinitamente compassionevoli, ma niente affatto condiscendenti e sentimentali. E nel mio caso, tali «compassionevoli» metodi – a volte brutalmente «compassionevoli» – furono veramente terapeutici e servirono a cauterizzare ferite varie, a chirurgicamente operare su zone di me, che non osavo affrontare. Questa era la sua tolleranza e la sua pazienza.

Ma non sempre egli era così tollerante e paziente. Perché tolleranza e pazienza non possono diventare per un Iniziato complicità con la menzogna, con la vanità, con l’arroganza e l’ambizione. Ad alcune persone che gli descrivevano esperienze interiori inventate di sana pianta, egli diceva: «Stai mentendo!». A chi gli descriveva i propri rapporti e sentimenti nei confronti di altre persone, diceva: «Tu mi dici questo e quest’altro, ma io nel tuo cuore leggo tutt’altro», e lo smascherava. Così come smascherava le reali intenzioni di chi faceva proposte particolari per giungere a realizzare inconfessabili fini: «Quello che vuoi attuare non è quello che dici, bensì questo e quest’altro!».

Un episodio, che posso testimoniare, è illuminante a tale proposito. Negli ultimi anni, varie persone, la cui ambizione davvero non conosceva i limiti della decenza, arrivarono a chiedere a Massimo Scaligero di farsi da parte e di lasciare a loro il suo posto. Un giorno così raccontò: «Sai, è venuto a trovarmi il Tale, e mi ha proposto di farmi da parte: avrebbe fatto lui al mio posto le riunioni del mercoledì e del sabato, nonché gli incontri individuali con gli amici. Con l’imbecille motivazione (per me più che imbecille), che io sarei oramai anziano e di salute declinante. Lasciando il posto a lui, avrei avuto più tempo per meditare e scrivere i libri». Massimo rimase in silenzio una decina di secondi e poi disse: «Vedi quella sedia? Ce l’ho fatto ballare sopra per una ventina di minuti!». Il tipino autonominatosi, dopo la scomparsa del Maestro, successore e vero erede di Massimo Scaligero, ancora imperversa in “infernet”, facendo uno zuppone indigesto di un po’ di tutto!

Altra cosa che Massimo Scaligero non tollerava mai, veramente mai, era una qualsiasi forma di collusione o compromissione con la politica. In un caso simile, egli poteva diventare veramente brutale. Ed anche nei confronti di qualsiasi vanità culturale, come congressi e convegni, tavole rotonde e trasmissioni, egli era assolutamente contrario: non concedeva mai che il nome della Scienza dello Spirito venisse portato in una simile cloaca. Oggi, invece, si vuole «portare lo spirito nella politica», e si propongono pure dei Masters o dei corsi di addestramento – a pagamento, naturalmente – per formare «operatori spirituali nella politica», e si organizzano altresì convegni, tavole rotonde, talk-shows e quant’altro, nei quali un pubblico «interessato» può vedere e ascoltare gli interventi dei conferenzieri o dei partecipanti ai medesimi, sapientemente diretti da un «moderatore» che orchestra il tutto, ed incassa il dovuto!

Aveva, perciò, ragione il Buddha Shakyamuni a chiamare, nel Sutta Nipata, l’Illuminazione «la rottura della testa». Ed aveva ragionissima il Maestro Jou-tsing, della Casa Tsao-tung della Scuola Zen, come riporta il suo fedele discepolo Dogen Zenji, nello Shobogenzo: «Dunque, bisogna picchiare più forte!».

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