DEL PENSARE SCONOSCIUTO

uomo in naturaRimango sempre un po’ stupito (o stupido) quando vedo sorgere, come i funghi dopo una pioggia, incertezze di tutti i tipi che riguardano la preminente posizione del pensiero anche quando la si raffronti con la restante organizzazione dell’entità umana.

Sarà perché ho fatto le scuole di una volta, in cui anziché cominciare coi cromosomi, davano un principio chiaro e solido: l’immagine generale del mondo conosciuto.

Regno minerale, regno vegetale, regno animale e l’Uomo a coronamento; che si distingueva con un bel salto per la capacità di pensare coscientemente.

Tempi ingenui o maggior chiarezza di visione?

Certo è che quasi tutti i grandi esponenti dell’Arte e della Scienza e direi indipendentemente dalla propria visione del mondo, materialisti o idealisti che fossero, hanno mostrato per il pensiero un rispetto, un entusiasmo o una sacra riverenza, si chiamassero Goethe, Conan Doyle o Rutherford. Ciò faceva parte di un carattere generale.

Il limite dovremmo conoscerlo piuttosto bene: tutti a usare il pensiero, nessuno a considerarlo per sé stesso. Sul versante magico-occultistico-religioso era ed è anche peggio: il pensiero veniva e viene certamente usato ma assai spesso valutato come un nemico dell’esperienza trascendentale e qui il mio Oriente, compreso in superficie, banalizzato, tradotto per cretini, non aiuta.

Situazione curiosa ma non tanto: è connaturata: se uno cammina, guarda il paesaggio o tende al punto d’arrivo, saggiamente non presta attenzione alle gambe che lo portano verso quel posto.

Ciò vale anche nelle attività dove il pensiero regna sovrano, come nella scienza della fisica o della matematica (non accenno ai filosofi che non esistono più). Ho chiesto spesso a matematici e ricercatori qualcosa in merito. Qualcuno mi ha persino confidato di avere l’impressione come di entrare in un altro mondo più reale, più certo…ma se arrischiavo un accenno sul pensiero come un fenomeno in sé, scattava sempre una difesa e coglievo un netto rifiuto dell’anima verso una tale impudente stravaganza.

Un giorno colsi al volo come l’anima del sapiente fisico che mi stava davanti, letteralmente si schivava per non beccarsi lo shrapnel dell’orribile idea che gli lanciavo in quel mondo concettuale in cui si muoveva la sua immagine del cosmo, perfetto come l’insieme che forma l’orologio.

Siccome non sono nato ieri e ho avuto grande interesse per i rapporti comunicativi e culturali, posso dire d’aver trovato, nel tempo, tantissimi disposti a pensare: pensare qualsiasi tema ma mai nessuno che potesse prendere in considerazione il pensare.

Sto dicendo una sciocchezza: in verità ho trovato parecchi affascinati dalle ricerche scientifiche che, guidate e devotamente sostenute dal diavolo, scambiano l’effetto con la causa, così giungendo a pensare che il pensiero sia vibrazione, onda magnetica, reazione elettrochimica e altre cose del genere, ora poi si fotografa la zona del cervello che si attiva in una determinata attività…e il dubbio, se c’era, scompare.

Magari scompare forzatamente anche la ventennale ricerca del MIT che annunciò, fuori da ogni dubbio, che vent’anni di meditazione modificano sensibilmente l’amigdala, ossia tutto il contrario.

In opposizione allo scientismo ruvidamente primitivo, in molti ambienti che si dicono ispirarsi alla Scienza dello Spirito fa da ospite fisso uno spiritello misticheggiante che, sgomitando da destra a sinistra, tende ad imporre la pretesa della primogenitura al sentire e, in casi assai più rari, al volere. Ho letto le impudiche dichiarazioni di un medico antroposofo che si dichiara modestamente border-line con l’antroposofia (se questa è coerenza!) e che deduce la supremazia del sentire per il fatto che questo sta in mezzo al pensare e al volere: è cioè la zona dell’equilibrio. Da questo giudizio discende l’antipatia verso le opere di Scaligero…così “incomprensibile”, cerebrale e ostile all’animo femminile..! Parlo di persona concreta e molto attiva nei gruppi antroposofici (sarebbe interessante vedere cosa dinamizza queste creature). 

Anche in questi casi vige il primitivismo della forza apparente poiché ad uno sguardo infantile la forza delle emozioni e dei risultati volitivi si impongono in chi, forse inconsapevolmente, limita sé stesso nel sensibile.

Ma senza il coraggio di accompagnarsi a Freud che non aveva torto se, nell’osservazione medico-psichiatrica, constatava come la libido fosse la forza più attiva e pervasiva nell’uomo comune. L’occultismo serio avrebbe potuto dargli ragione, vedendo nell’uomo un coacervo di bramosia al 90%: l’uomo comune fatto e strafatto di brama (la “sete” menzionata dal Cristo).

Eppure non occorre essere “iniziati” e nemmeno asceti per riconoscere (osservare) che quelli che di solito chiamiamo sentimento o volontà ci portano dritti dritti nella sensazione corporea: stimolatori delle funzioni corporee per eccitare l’anima, per far godere l’anima di momenti di eccitazione. Così questo circolo (vizioso) si chiude: per questo si assumono droghe: chimiche o “spirituali”. Con la loro assunzione il circuito anima-corpo-anima è soddisfatto ed energizzato. Ciò viene scambiato per “elevazione”. E quando ogni presupposto nasce da ciò, tutto il successivo discorso non può essere che errato, errato appunto dal fondamento. E poiché nessuno vuole o possiede la forza di svellere le proprie radichette, i tentativi di dialogo appaiono impossibili: pure perdite di tempo.

Il pensare è l’unica tra le attività umane che riesca a sottrarsi a tale, semi-animalesca condizione: l’unica attività che ci dia consapevolezza del mondo, di noi stessi e di capire qualcosa delle relazioni che intercorrono tra i fenomeni.

E’ persino possibile produrre una sorta di condizione patologica nella quale i sensi siano intatti e non si possa più pensare. Ripeto che questa è una condizione patologica. Però interessante, radicale. In questo stato si vede ogni cosa, si sente tutto, eccetera, ma non si sa cosa si vede, cosa si sente: non si sa nemmeno che si sta vedendo, udendo…: si vede il colore rosso ma non si sa cosa sia il colore, si percepiscono gli oggetti ma non si sa cosa siano, non si sa nemmeno cosa sia una forma, sebbene gli occhi funzioni alla perfezione: tra un portacenere e un elefante non v’è differenza alcuna.

Insomma, il pensiero, sperimentato nella sua forma più comune, è già qualcosa di immenso: una eccezionalità rara che la natura/struttura umana porta in sé come un dono sacro. So di aver già parlato di questo, ma è, al negativo, una delle condizioni più splendide per comprendere nettissimamente come, senza pensiero, l’uomo sia un nulla. Meno d’un animale, meno di una pianta.

Allora può sorgere un senso adeguato e possiamo dirci che il pensiero è già una realtà possente che, fluendo incessantemente, donandosi illimitatamente (qualcuno lo chiamerebbe Amore, parola che l’uomo ha prostituito) dà realtà al mondo e a noi stessi.

E non è nemmeno “invisibile”!

Mettetevi seduti e guardate un oggetto qualsiasi. Siete sicuri che quell’oggetto sia reale e permanente? Di solito tutti rispondono (precipitosamente) che è proprio così.

Ma per quanto tempo? Non vi siete mai accorti che, se l’attenzione pensante si dirige su altro o su un tema, gli occhi non vedono più l’oggetto? E ciò, per chi non è addestrato, capita di continuo. Voglio solo dire che l’oggetto appare e scompare e, poiché avete fiducia nelle “cose”, formulate un granitico giudizio subconscio di certezza nella stabile realtà delle stesse. Mentre è possibile che l’oggetto sia quello che appare solo perché pensato. Mi sa che dire che una tal cosa esiste anche prima e poi, sia all’incirca un grosso atto di fede.

Oppure, in alternativa, perché non sospettare che la matita o il sasso, percepiti, siano pensieri temporaneamente…visibili!

Nell’esperienza interiore infatti, una tra le situazioni che si possono sperimentare è del tutto rovesciata rispetto all’apparente sostanzialità del mondo sensibile, e chi, troppo precocemente, si vedesse in questa situazione, si annichilirebbe di paura poiché vedrebbe che si sta muovendo nel vuoto o sopra un abisso, sostenuto, come il ragno col suo filo, solo dal pensiero: come un funambolo, lì pensi e, solo per questo fatto, non cadi.

Su un gradino intermedio di esperienza è possibile osservare come la potenza che si esprime in immagini nel sognare, poi si riconfiguri secondo precise leggi acquistando una immagine finale che interrompe ogni movimento: è un precipitato.

La sua forza di fissità è il mondo finito che percepiamo con la coscienza di veglia con, talvolta, qualche dubbio: allora si insinua nell’anima la perniciosa immagine che tormentò Sigismondo: che tutta la vita sia un sogno.

Ho osato dire che matita o sasso potrebbero essere pensieri visibili, allora oso ancora, senza nemmeno usare parole mie ma di un utente di Eco che non ha mai scritto e questo è un vero peccato perché è un gigante e se pur scrivesse con delicata gentilezza schiaccerebbe involontariamente le sciocchezze dei tanti moscerini .

Lasciamogli la parola: “E’ molto semplice: basta prendere l’immagine dell’ago con la quale si fa concentrazione e avere il coraggio di ammettere che è una realtà pari a quella del muro che ci sta di fronte o quella della voce di un amico. Semplicissimo: è reale ed esistente come il muro”.

Giacché lui non è me, posso anche dirlo: una vita intensa e cinquant’anni di discipline di tutti i…colori per dichiarare…l’ovvio? Davvero è ovvio ciò che dice? E molti penseranno: “Così poco e nessuna bancherella di bamboline e manufatti antroposofici…mancano i fatti, manca l’azione e la commozione, manca persino you tube“.

Rispondo indegnamente al suo posto: “Espletate fino in fondo, scrupolosamente, fatiche e doveri che la vita vi ha posto davanti? Date un aiuto a chi ne ha bisogno? Non evitate nulla? Oltre a ciò tentate giornalmente l’azione più difficile e torturante che nemmeno il “divin Marchese” avrebbe escogitato? Avete imparato a strizzare l’anima oltre voi stessi? Se foste davvero sinceri in “pensieri, parole e opere” dovreste dirmi: “E’ impossibile fare di più!”.

Se non lo dite (con la testa gioiosamente illuminata da mille pensieri) vi state burlando di me (niente di grave) e di voi stessi (guai seri!).

Eppure ci si dovrebbe contenere: un pensiero che non abbia uno straccio di coerenza con la percezione dovrebbe essere avvertito come sospetto. Non che il pensiero non possa strutturarsi come qualsiasi altra cosa, ma implica un lavoro poiché pensare e non solo venir pensati dalla psiche e dal corpo è veramente difficile. Sulla indicazione del Dottore, fate un altro esperimento. Iniziate a leggere l’Etica di Spinosa: vi mancherà il terreno sotto i piedi alla seconda o terza riga perché non si è abituati al pensare come attività pura in sé. E’ una esperienza penosa che avverte il lettore come esso sia solo capace di riconoscere le parole. Troverete di persona come sia profondo il solco tra l’articolare parole ed il pensare pensieri. E vedrete pure come il “sapere” non aiuta.

Però in questo modo si può comprendere come l’Opera di Steiner venga letta ma raramente pensata. Era l’unica cosa (di essenziale) che il Dottore chiedeva per le sue opere. E se non viene pensata cade il palco su cui si recita l’antroposofia o si vagheggia persino il suo superamento: in sé non impossibile, ma di sicuro non da un livello in cui essa ancora non c’è, sebbene se ne parli all’infinito. Sì, miei cari, quietamente contesto la Scienza dello Spirito discorsivizzata perché, se fosse reale, sarebbe in contraddizione con sé stessa!

E’ in questo luogo inesistente che avvengono le scaramucce o le battaglie tra correnti e fazioni, di solito a colpi di brani scritti dai Maestri. Questo è il vero teatro delle contrapposizioni, delle dogmatizzazioni, cioè del niente che si oppone al niente: a gloria della consolidata liturgia delle rappresentazioni personali.

Quanto sarebbe invece necessario pensare con rigore pensieri liberi dal nostro mondo soggettivo: radicalmente, fino a consumarne l’impronta sensibile. Chi osa ciò giunge ad accendere, per uomini e spiriti, una luce nei tre mondi.

Lascia un commento