Come misi in evidenza all’inizio di questo studio, citando un passo di Guarire con il pensiero di Massimo Scaligero, è la verità obbiettiva quella che unicamente importa, e non le fascinose affabulazioni che possono suggestionare coloro che non riescono ad uscire dagli astringenti legami della loro soggettività, e sono preda della propria natura sentimentale ed emotiva. L’agire con strumenti opportuni sulla passività delle anime umane, è quanto si propongono quei maestri della manipolazione, che oggi – con un’espressione oltremodo appropriata, più calzante di quanto molti non sospettino – vengono denominati ‘persuasori occulti’. Ma ciò che ‘suade’, ciò che dolcemente ‘persuade’, ciò che morbidamente ‘seduce’, – avverte Massimo Scaligero – non libera, e spesso diviene un dolce veleno, della cui intossicante azione, a un certo punto, non si desidera più liberarsi. Si diviene ‘dipendenti’ – o per esprimersi come Rudolf Steiner – ‘clienti’ di tali ‘occulti persuasori’.
Così operano lobby economiche, partiti politici, cerchie e circoli ‘culturali’, e soprattutto le Chiese. Viene suscitato – molto abilmente, e insensibilmente, ad arte suscitato – un ‘bisogno’, che può manifestarsi come disagio, come ansia, inquietitudine, senso di incertezza, o d’insicurezza, di precarietà, di sfiducia in se stessi e nelle proprie forze, e in taluni casi addirittura di pericolo. Poi, viene proposto, in maniera ‘suadente’, ‘seducente’, ambiguamente ‘convincente’, ‘rassicurante’, e ‘consolante’ , un infallibile ‘rimedio’, un ‘farmaco’ – il lettore si ricordi, come abbiamo già detto, che in greco φάρμακον, ‘phàrmakon’, significa, al tempo stesso, sia ‘pianta curativa’, ‘medicina’, che ‘veleno’, o ‘droga’ – che elimini il disagio, plachi l’ansia, dissolva l’inquietitudine, dia certezza, sicurezza, allontani il pericolo. Naturalmente chi ‘propone’ un cotal portentoso ‘rimedio’, lo farà perché avrà, e vorrà mantenere, ad ogni costo, il monopolio del ‘rimedio’, fuori di ogni indesiderata concorrenza, il controllo della situazione, e non dichiarerà certo le ascose, inconfessabili, finalità ch’ei, spregiudicatamente, mira a raggiungere.
Occorre essere ben sagaci, ben svegli, per accorgersi, che questa opera di ‘suadente seduzione’ è un’opera di ‘inganno’, di ‘menzogna’, e abbiamo visto come Rudolf Steiner stigmatizzi, con parole di fuoco, la menzogna, come affermi che essa «deve essere bollata a fuoco», come non le si debba concedere quartiere. Ma, una volta di più – a costo di essere pesantemente ‘antologico’, e addirittura ‘pedante’, come qualcuno ha spiritosamente osservato – voglio, a beneficio degli ‘immemori’, riportare un passo importante di Rudolf Steiner, che per documentazione, e maggior tranquillità del benevolo lettore, trascriverò sia in italiano che nel testo tedesco. Il passo è tratto dalla conferenza del 2 gennaio 1921, tenuta a Stoccarda, del ciclo Wie wirkt man für den Impuls der Dreigliederung des sozialen Organismus? Zwei Schulungskurse für Redner und aktive Vertreter des Dreigliederungsgedankens. GA 338, Rudolf Steiner Verlag, 4. Ausgabe, Dornach, 1986, p. 242 – Come si opera per l’impulso della Tripartizione dell’organismo sociale? Due corsi di formazione per oratori e rappresentanti attivi del pensiero della Tripartizione. Anche qui metterò in rilievo, come mio solito, alcune espressioni, che ritengo decisive:
«V’è una certa gradazione in rapporto al mentire. Al primo posto vengono le chiese, al secondo posto soltanto viene la stampa, mentre al terzo posto vengono i politici. Ciò viene presentato in maniera assolutamente obbiettiva e non come qualcosa che scaturisca da un’emozione. L’entusiasmo per il mentire scaturisce da quanto si può ricevere solo grazie all’educazione all’interno della Chiesa. L’entusiasmo per il mentire nella stampa scaturisce dalle condizioni sociali, e nella politica la menzogna è in realtà propriamente – vorrei dire – soltanto un proseguimento nella vita civile di quel che nel militarismo – con il quale evidentemente la politica è strettamente connessa – è affatto ovvio. Se si vuole sconfiggere un avversario, lo si deve ingannare. L’intera strategia consiste nel fatto, che si deve imparare ad ingannare. Ma qui abbiamo un sistema. Ciò viene poi trasposto, attraverso l’affinità tra il militarismo e la politica, anche nella vita civile. Tuttavia, là è metodo, mentre nelle altre due categorie – nella stampa e nei rappresentanti delle confessioni religiose – vi è puro e semplice entusiasmo per il mentire. Queste cose non sono affatto radicalismo, se vengono presentate così; sono semplicemente un fatto obbiettivo. La cosa peggiore è che, a causa dei pregiudizi degli esseri umani, una gran parte delle persone ancora non scorge che è del tutto impossibile stare nelle confessioni religiose e al tempo stesso dire la verità».
Ed ecco il testo tedesco di questo importante passo di Rudolf Steiner:
«Es gibt eine gewisse Abstufung in bezug auf das Lügen. An erster Stelle kommen die Kirchen, an zweiter kommt erst die Presse und an dritter kommen dann die Politiker. Das ist ganz objektiv dargestellt und nicht etwa aus einer Emotion heraus. Der Enthusiasmus des Lügens wird durch die Dinge hervorgerufen, die man nur durch die Erziehung innerhalb der Kirche bekommen kann. Der Enthusiasmus der Lüge in der Presse wird durch die sozialen Verhältnisse hervorgerufen, und in der Politik ist die Lüge eigentlich nur, ich möchte sagen, eine Fortsetzung im zivilen Leben dessen, was ja beim Militarismus – mit diesem hängt ja die Politik eng zusammen – ganz selbstverständlich ist. Wenn man einen Gegner besiegen will, so muß man ihn täuschen. Die ganze Strategie ist darauf angelegt; da muß man lernen zu täuschen. Das ist System. Das wird dann durch die Verwandtschaft zwischen Militarismus und Politik auch auf das zivile Leben übertragen. Aber da ist es Methode, während es bei den anderen beiden Klassen, bei der Presse und den Vertretern der Bekenntnisse, Enthusiasmus des Lügens ist. Diese Dinge sind auch nicht Radikalismus, wenn man sie so darstellt; es ist einfach eine objektive Tatsache. Das Schlimme liegt darin, daß durch das Vorurteil der Menschen ein großer Teil der Menschen noch nicht einsieht, daß es eben unmöglich ist, innerhalb der Bekenntnisse zu stehen und die Wahrheit zu sagen».
Poi, a completare il già sufficientemente inquietante quadro, vi sono – chiamiamole così – le lobby ‘esoteriche’. Lobby, non autentiche Comunità spirituali. Così come vi sono pure ‘cattivi maestri’, che autentici ‘Maestri’ e ‘Istruttori spirituali’ non son punto, in quanto non sono qualificati, e consacrati, come tali dal Mondo Spirituale. A tale proposito vale la parola di Massimo Scaligero, ne La Luce. Introduzione all’imaginazione creatrice, Tilopa Roma, s.d. ma 1964, pp. 132-134:
«Occorre rendersi conto che se gli Avversari dell’uomo oggi veramente vogliono impedire la sua nascita spirituale nella forma cosciente debbono diventare maestri esoterici ed esporre le dottrine con sagacia avvincente. Ma ciò che avvince non libera. L’arte di tali esseri non è liberare, ma sedurre, non indicare i mezzi di conoscenza – ché non potrebbero – ma persuadere secondo antiche dottrine revivificate. Secondo simboli già interpretati, secondo stimoli tradizionali rivolti all’anima antica divenuta subcoscienza nell’uomo. […]
In tal senso, una misura della maturazione del discepolo sarà scoprire quale parte morbida della propria anima sia seducibile dalle dottrine degli Ostacolatori in veste di maestri. […]
L’arte del discepolo è intuire lo spirito che ha dettato le opere a cui attinge. Non è sufficiente che egli sia persuaso: occorre che sappia che cosa in lui in realtà viene persuaso: quale parte del suo essere.
Egli deve divenire vero mediante autoconoscenza: non deve rinunciare a conoscere che cosa in lui ha il potere di conoscere: non deve limitarsi all’immediato conoscere, ossia non può essere pago del fatto che una determinata, in quanto conosciuta, lo tenga o lo attragga: perché può attrarlo proprio in quanto tende a distruggerlo.
Egli può affidarsi solo a discipline che gli diano modo di esser conoscente del proprio conoscere, ossia di sperimentare le forze del conoscere là dove esprimono la loro interezza perché indipendenti dal conosciuto. Può affidarsi soltanto a una dottrina che gli insegni come incontrare in sé la sorgente noetica mediante cui può apprendere questa o quella dottrina.
Le dottrine dello spirito non sono vere se non fanno appello all’indipendenza dell’atto conoscitivo, ossia al «pensiero libero dai sensi». In verità, lo spirito riflesso non è lo spirito: non penetra il mondo dei sensi, perché non ne è indipendente. La misura della sovrasensibilità di un pensiero è la possibilità di penetrare il sensibile».
Un severo avvertimento, un salutare ammonimento – hic qui potest capere capiat – è quello che qui dà Massimo Scaligero: severo avvertimento, e salutare ammonimento, che il sincero ricercatore spirituale è pregato di prendere con la massima serietà, perché ne va della vita della sua anima, e della libertà del suo spirito. L’indipendenza dal conosciuto – da ogni conosciuto – è quell’assoluta assenza di presupposti che abbiamo visto essere stata il punto di partenza della ‘teoria della conoscenza’ e dell’ascesi di Rudolf Steiner. Egli non partì affatto da presupposti ‘scientifici’, o ‘filosofici’, e men che meno ‘religiosi’: egli partì dal puro ‘atto’ del conoscere, che si realizzi indipendentemente da qualsivoglia ‘conosciuto’. Solo l’‘atto puro’ del conoscere in ‘atto’, che conosca se stesso, e che divenga ‘estraformale forma’ del proprio essere, e del proprio folgorante movimento, asceticamente realizzato, lucidamente sperimentato, volitivamente attuato, è l’unico presupposto. Ma come avverte Massimo Scaligero nel terzo capitolo del Trattato del Pensiero Vivente. Una via oltre le filosofie occidentali, oltre lo Yoga, oltre lo Zen, Tilopa, Roma, 1979, pp. 11-12:
«Come esperienza è quella che sopra tutte ha il diritto di chiamarsi positiva, essendo la più diretta che l’uomo possa compiere e di cui l’Io possa rendere conto a se stesso come di ciò che è veramente oggettivo.
Ma non è speculare, non è filosofare. È il coraggio di conoscere: che è conoscere la verità: la verità che rende liberi. Non è argomentare, ma creare: non è riflettere, ma dominare. È percepire in enti pensiero il sovrasensibile, così come normalmente si percepisce il sensibile in forme e colori».
In queste particolari ‘aggregazioni’, che sono le lobby, e le cerchie di certi falsi ‘maestri’, si mescolano, e si fondono, i più diversi interessi di ‘potere’: politici, economici, confessionali, magici, sotto le illudenti apparenze di una seducente, ma ambigua, ‘spiritualità’: teologica o meno, liturgica o meno, mistica o meno. Ma quello che in esse – e, soprattutto, per esse – conta veramente è, appunto, unicamente il ‘potere’: il come ottenerlo è solo un dettaglio ‘tecnico’, certo importante, ma, tutto sommato, di secondaria importanza rispetto al raggiungimento del fine bramato. A tal scopo, possono tranquillamente esser usati i mezzi più diversi, anche contraddittori tra loro e, alla bisogna, sostituirsi persino vicendevolmente. Come è teoria e prassi dello stile ‘politico’ della nota, mai troppo esecrata, ‘Compagnia’, «il fine giustifica i mezzi». In tal caso – si sia di ciò consapevoli o no – si è servi, burattini, dell’Oscuro Signore: del Principe dell’Oscuro Pensiero. E questi è il padre della menzogna, e dell’avversione: che è sempre avversione allo Spirito, avversione alla Verità. Come si può leggere nel Vangelo di Giovanni, 8, 44 – anche questa volta voglio essere un po’ ‘evangelico’ – nel testo greco, e nella traduzione, bella e precisa, della Riveduta del valdese Giovanni Luzzi: «ὑμεῖς ἐκ τοῦ πατρὸς τοῦ διαβόλου ἐστε καὶ τὰς ἐπιθυμίας τοῦ πατρὸς ὑμῶν θέλετε ποιεῖν. ἐκεῖνος ἀνθρωποκτόνος ἦν ἀπ’ ἀρχῆς καὶ ἐν τῇ ἀληθείᾳ οὐκ ἔστηκεν, ὅτι οὐκ ἐστιν ἀλήθεια ἐν αὐτῷ. ὅταν λαλῇ τὸ ψεῦδος ἐκ τῶν ἰδίων λαλεῖ, ὅτι ψεύστης ἐστιν καὶ ὁ πατὴρ αὐτοῦ. – Voi siete figli del diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c’è verità in lui. Quando dice il falso, parla di quel che è suo perché è bugiardo e padre della menzogna».
Per cui, parvemi evidente che sulla questione della Verità non siano possibili ‘compromessi’ di sorta, che non esistano ‘menzogne’ dette ‘a fin di bene’, che non siano un ingannar se stessi e gli altri. Queste, comunque, producono sempre disastri: in ogni campo, e più di tutti in campo spirituale. Perché, sempre nel Vangelo di Giovanni, 14, 6, leggiamo: «ἐγὼ εἰμι ἡ ὁδὸς καὶ ἡ ἀλήθεια καὶ ἡ ζωή· Io sono la Via, e la Verità, e la Vita». Non cercare la ‘Verità’, o addirittura avversare la ‘Verità’, è smarrire la ‘Via’, perdere la ‘Vita’, cercare e trovare la ‘morte’: la ‘morte spirituale’. E ‘Signore della Morte’, come lo è dell’Avversione, è proprio l’Oscuro Signore. Per questo, per il sincero, e audace, ricercatore spirituale, l’unica ‘Via’ da seguire, oggi, è la ‘Via della Verità’, la ‘Via dell’Io’, dell’‘Io Sono’. Che è la ‘Via del Pensiero’: la ‘Via del sublime eroismo’. La ‘Via’ instancabilmente indicata da Rudolf Steiner e da Massimo Scaligero. Non quella di Orao. Non la ‘via’ del misticismo, del sentimentalismo, del moralismo, della ‘chiaroveggenza visionaria’.
L’Iniziazione è un evento eterno – in ogni tempo, e in ogni luogo, sempre uguale a se stesso – ma la ‘Via’, che conduce all’Iniziazione ad una vita spirituale più alta, la ‘preparazione’, o ‘catarsi’, o ‘purificazione’ dalle inerenze del contingente e dell’effimero nell’anima, che devono produrre prima la ‘illuminazione’, e condurre poi alle soglie dell’Iniziazione, non può non cambiare, nello spazio e nel tempo, a seconda dei mutamenti che intervengono nella interiore costituzione occulta dell’uomo, nonché della diversità che si riscontra nella tipologia dei singoli uomini. Per l’occidentale uomo moderno, le forme possibili di accesso all’Iniziazione sono – secondo l’insegnamento del Maestro dei Nuovi Tempi – l’Iniziazione ‘cristiano-gnostica’, e quella ‘rosicruciana’. Come prospettiva futura, connesse alle due precedenti ‘forme’, come sviluppo ulteriore e coronamento delle medesime, vi è l’Iniziazione ‘manichea’. L’esperienza del ‘Graal’ viene ad essere il coronamento dell’esperienza iniziatica cristiano-gnostica, rosicruciana, e manichea. Sotto vari aspetti, peraltro, l’esperienza del ‘Graal’ ha un rapporto profondo, e coincide con quella ‘manichea’.
L’Iniziazione, le sue ‘forme’, i ‘contenuti conoscitivi’ che dischiude, i ‘gradi’ di essa che il discepolo attraversa, non sono affatto una ‘abilissima’, ‘intelligentissima’, ‘sapientissima’, escogitazione ‘umana’. Nulla di tutto ciò! Sono qualcosa che proviene dall’Eterno, da una dimensione ‘ultraumana’: dal Mondo Spirituale. E il Mondo Spirituale non sa che farsene di tali ‘abilissime’, ‘intelligentissime’ perfomance ‘umane’ – comunque sempre ‘umano-troppo umane’ – e la pretesa ‘sapienza’ umana appare agli occhi delle Gerarchie Celesti ‘stupidità’, ‘hybris’ ossia ‘arroganza’, disprezzata e odiata dai Numi, ‘illusione’, ‘follia’ di chi dalla maya viene giocato e mosso come un burattino.
Alla guida dell’Iniziazione ‘cristiano-gnostica’, come Iniziatore – che a quel che mi risulta, è ancora attiva, sia pure difficilissimamente accostabile – vi è Zarathustra, ossia il Gesù salomonico, che al Battesimo del Giordano fece il massimo sacrificio nei confronti del Logos, e che dopo il Mistero del Golgotha è sempre ricomparso in frequenti vite terrene come il Maestro Gesù. All’origine dell’Iniziazione ‘rosicruciana’, come Iniziatore degli Iniziati – secondo l’espressione di Massimo Scaligero – vi è Christian Rosenkreutz, ossia Hiram, e Giovanni-Lazzaro, autore del Vangelo di Giovanni, che, anche lui, ricomparirà sempre nuovamente in frequenti vite terrene: la sua ultima ‘apparizione’ pubblica sarà quella settecentesca come Conte di Saint-Germain. L’Iniziazione ‘manichea’ ha, invece, come Guida e Iniziatore, Mani, il ‘Figlio della Vedova’, che rinascerà come Parzifal nell’epopea del Graal. Queste attribuzioni – ci tengo a dirlo esplicitamente – non sono frutto di una mia personale elaborazione intellettuale, né sono frutto di una ambigua pretesa ‘veggenza’: esse sono rigorosamente documentate – tutte e solo – di Rudolf Steiner. Ricevetti, a suo tempo, dal Lascito di Rudolf Steiner, tutta la documentazione probante che le dimostra, e nei colloqui con Hella Wiesberger ho potuto raccogliere altre importanti comunicazioni orali in proposito. Inoltre, applico col massimo rigore a me stesso il principio essenziale di atteggiamento interiore di ‘mich zurückziehen’, indicatomi da Hella Wiesberger, ossia di ‘ritrarmi’, di ‘cancellarmi’, per far parlare direttamente l’Opera di Rudolf Steiner. Se ciò sentivano il dovere di fare Marie Steiner, Michael Bauer, Alfred Meebold, Giovanni Colazza, e Massimo Scaligero, tanto più dovrò farlo io, che circa mia oceanica – incosciente, e a volte un po’ spensierata – imperfezione non ho dubbio alcuno. Il fatto che altrettanto non faccia Orao, è cosa che non può non lasciare oltremodo perplessi.
Quanto alla sovrumana elevatezza dei queste figure spirituali – attingo sempre, e solo, alle ‘comunicazioni’ di Rudolf Steiner, senza permettermi interpolazione veruna – vi è da considerare che Zarathustra è un Bodhisattva, Christian Rosenkreutz un Eloha, o Eloah, ossia egli fa parte della Gerarchia degli Elohim. A questo proposito, posso riportare quello che mi disse Massimo Scaligero, in un incontro che ebbi con lui alla fine di una riunione, che teneva a Roma, in Via Barrili, ossia che Giovanni Colazza gli riferì che: «Gli occultisti chiamano i devoti di Christian Rosenkreutz: gli ‘elohisti’». Mentre – sempre Rudolf Steiner dixit – Mani è uno ‘Spirito della Saggezza’, della Gerarchia delle Kyriotetes. E sempre secondo Rudolf Steiner, Mani ‘guida’, ‘ispira’, tre figure spirituali: il Buddha Shakyamuni che porta il discepolo dell’Iniziazione, attraverso l’Ottuplice Sentiero, alla purificazione del corpo astrale, trasformandolo in Sé Spirituale, nel Manas, e all’esperienza dell’accogliere lo Spirito Santo; Zarathustra, che porta il discepolo alla trasformazione del corpo eterico in Spirito Vitale, nella Buddhi, e all’esperienza dell’accogliere il Christo; e Sciziano, che porta il discepolo alla trasmutazione del corpo fisico in Uomo Spirito, nell’Atma, e all’esperienza dell’accogliere il Padre.
E poiché vi è una relazione profondissima tra la cosmologia, la cosmogonia, l’essere delle Gerarchie da una parte, e le ‘Vie’ che conducono a realizzare l’Iniziazione dall’altra, è bene che su alcuni concetti venga fatta estrema chiarezza. Questo proprio in quanto quel che scrive Orao, nel suo non voler tener conto di ciò che comunica Rudolf Steiner sulla base di una scientifica ‘chiaroveggenza esatta’, anzi di voler, in taluni casi, addirittura ‘correggere’, e ‘sostituire’ i risultati della propria ambigua ‘veggenza visionaria’ alle comunicazioni del Maestro dei Nuovi Tempi, finisce per andare apertamente in rotta di collisione con i dati fondamentali della Scienza dello Spirito, dell’Antroposofia, portata da Rudolf Steiner. Per esempio, se prendiamo il libro La Genesi ei i misteri della versione biblica della creazione, traduzione di Emmelina de’ Renzis, Gius. Laterza & Figli Editori, Bari, 1932, nella sesta conferenza – settima nell’edizione dell’Editrice Antroposofica curata da Iberto Bavastro – tenuta a Monaco il 22 agosto 1910, alle pp. 107-108, possiamo leggere:
«Quando vediamo l’uomo entrare, piccolissimo bambino, nell’esistenza, sappiamo che in lui ancora non è sviluppato quella che chiamiamo unità di coscienza. Il bambino, del resto, non pronunzia la parola Io, che tiene unita la coscienza, se non dopo qualche tempo. Allora ciò che vi è nella sua vita animica s’inserisce nell’unità della coscienza. L’uomo cresce in altezza in quanto riunisce le diverse attività che nel bambino sono ancora decentrate. Raccogliere quelle attività è dunque nell’uomo un evolversi verso uno stato superiore. In modo analogo possiamo immaginarci il progresso evolutivo degli Elohim. Questi hanno esplicato una certa attività durante l’evoluzione preparatoria dell’uomo. Per il fatto di aver esplicato questa attività, essi hanno imparato qualcosa, hanno essi stessi recato un contributo per sollevarsi a un grado superiore. Come gruppo, essi hanno ormai raggiunto una certa unità di coscienza; non sono, per così dire, rimasti semplicemente un gruppo, ma sono diventati un’unità. L’unità, in certo modo, acquistò esistenza. Ciò che ora diciamo, è cosa di straordinaria importanza; fino ad ora vi potevo soltanto dire, che i singoli Elohim erano fatti in modo, che ciascuno di essi aveva una capacità speciale. Ognuno di essi poteva recare un contributo al comune intento, alla comune immagine, secondo la quale essi volevano formare l’uomo. E ciò che l’uomo era, non era, in certo modo che un’idea, nella quale potevano collaborare. Questo, dapprima, nel lavoro degli Elohim, non era ancora niente di reale. La realtà sorse soltanto, quando essi ebbero creato il prodotto comune. Con questo lavoro stesso, però, essi si evolvettero a maggiore altezza, evolvettero la loro unità fino a divenire realtà, sicché ormai non erano più soltanto sette, ma il settetto era un tutto, e noi possiamo ora parlare si una «Elohimità», manifestantesi in settemplice modo. Allora soltanto sorse questa Elohimità; essa è ciò, a cui gli Elohim si sono innalzati col loro lavoro. E la Bibbia lo sa; la Bibbia conosce l’idea, che gli Elohim, in certo modo, sono prima i membri di un gruppo e poi si coordinano in una unità, in modo che prima essi lavorano insieme come membri di un gruppo, e poi vengono diretti da un organismo comune. E questa unità reale degli Elohim, in cui gli Elohim esercitano la loro azione come arti, come organi, viene chiamata dalla Bibbia «Jahve-Elohim».
Avete così, in modo più profondo di quel che finora non fosse possibile avere, il concetto di Jahve, di Jehova. Per questo la Bibbia, nella sua narrazione, parla dapprima soltanto degli Elohim e, quando gli Elohim stessi sono progrediti a un grado superiore, all’unità, comincia a parlare di Jahve-Elohim. Questa è la ragione più profonda, perché alla fine dell’opera della Creazione comparisce a un tratto il nome Jahve».
Questa citazione dal ciclo sulla Genesi, tenuto da Rudolf Steiner a Monaco di Baviera nell’agosto 1910, mostra una volta di più quanto sia errata – e soprattutto come essa sia una blasfema menzogna – l’identificazione che Orao fa di Jahve con Lucifero. Orao vuole basarsi sulla propria ambigua ‘veggenza visionaria’, della quale ho potuto documentare numerosi errori, e non vuole tenere conto di quanto Rudolf Steiner afferma – con assoluta coerenza logica con la propria intera opera – in un’opera stampata già nel 1932, che Orao sicuramente possedeva, e preferisce invece valersi della propria soggettiva errante percezione, presumendo di ‘correggere’ quanto comunica il Maestro dei Nuovi Tempi, perché non è affatto pensabile che Orao non avesse letto il ciclo di Steiner sulla Genesi, uno dei più importanti, che sicuramente aveva in casa. Ma una cotale ‘presunzione’ di infallibilità della propria ‘visionaria veggenza’, oltre che certa fonte di innumerevoli errori, perché conoscitivamente basata su un ‘metodo’ errato e incongruo, è ‘hybris’, ‘arroganza’, ‘tracotanza’ – ossia il contrario di quella ‘devota venerazione’ verso la Verità e la Conoscenza, che Rudolf Steiner pone come prima qualità necessaria nel libro Iniziazione – ed è, in definitiva, nel suo volersi ‘sostituire’ al Maestro, come oggettivamente fa, un vero e proprio atto di ‘tradimento’ verso l’Iniziazione stessa. E, a questo punto, si ben comprende, la sorda opposizione alla ‘Via del Pensiero’, e il tentativo di sostituirvi una ‘novella’ – è il caso di dire: nel duplice significato del termine – ‘Iniziazione’, la cui spiritualmente ‘irregolare’ natura vedremo sùbito.
Orao, nel capitolo di Resurrezione intitolato La ricerca del Graal, pp. 81-102, comincia a descrivere quella che – a suo dire – è, e sarà, la novella «Iniziazione», la «Iniziazione del Graal», e lo fa sulla base della sua, personale, soggettiva, concezione – ma sarebbe più esatto dire: ‘visione’ – cosmologica. Una tale ‘visione’, basata su una ‘chiaroveggenza visionaria’, è errata nel ‘metodo’, e fallace nei ‘contenuti’, ossia nei ‘risultati’ che una tale soggettiva ‘veggenza’ inevitabilmente produce. La visione cosmologica sulla quale si basa Orao, diverge, contraddice, e tacitamente pretende addirittura ‘correggere’ – come ho potuto mostrare e documentare – quella scientifica, esatta, innumerevoli volte controllata, e verificata, di Rudolf Steiner. Ma, se questa ‘visione’ cosmologica di Orao è errata – ed è dimostrabilmente erratissima – anche lo è anche la ‘via iniziatica’ proposta, che su tale fallace ‘visione’ si fonda. E questo per la semplice ragione – illustrata da Rudolf Steiner nella Filosofia della Libertà – che «allorché il peso del primo piano fa crollare il pian terreno, assieme a quest’ultimo vien giù anche il primo piano». Può sembrare banale e lapalissiano, ma spesso si trascurano, e si dimenticano, ‘banalità’ evidenti di questo genere.
Abbiamo a che fare con un duplice errore: da una parte, si ‘pretende’ di ‘correggere’ le comunicazioni di Rudolf Steiner, e, dall’altra, si ‘presume’ di essere all’altezza di indicare una ‘novella iniziazione’, che – nella forma esposta ex cathedra, ed ex tripode, da Orao – Rudolf Steiner assolutamente non ha mai e poi mai dato. Dunque, ‘pretensione’ e ‘presunzione’, che conducono, fatalmente, a risultati esiziali: ‘orgoglio’, ‘prevaricazione’, ‘tradimento’ dell’Opera del Maestro dei Nuovi tempi, e grande acritico, feroce, violento, fanatismo in coloro che alle sue ambigue ‘rivelazioni’, con fede cieca, si affidano.
La stessa persona, il signor M., che nel gennaio scorso, in un suo commento su un noto social forum pubblicò, con evidente ammirazione, una frase tratta dal libro Resurrezione, la Luce dei nuovi Misteri, p. 15, ove è detto: «Solo delimitando la facoltà della ragione mentale e sensoria avanza l’elemento della Fede, che è percezione pura dell’anima», pochi giorni fa – sempre commentando sullo stesso social forum – riferendosi al mio presente studio, mi invita ad ‘essere spregiudicato’, e ad ‘aver fede’. Così egli scrive:
«Quando si racconta una propria esperienza l’altro dovrebbe attivare l’esercizio della spregiudicatezza. Ovviamente questo è reversibile, per cui altrettanto su quanto esprime lo scrittore e cioè HDP [Hugo de’ Paganis]. Se proprio si leggessero alcuni passi di Resurrezione di Orao, ella parla proprio della Fede e della coscienza. Tutti noi siamo in perenne bilico tra fede e coscienza. Pertanto, HDP affermerebbe che alcune dichiarazioni di Orao rispetto a Steiner sono errate e sono facenti parte di una visione incosciente. Ma noi abbiamo realmente sperimentato quanto Steiner afferma? È altresì abbiamo sperimentato quanto Orao afferma? Oppure ci si basa anche qui su la fede? Dunque come tu affermi si potrebbe criticare anche quanto Steiner afferma no? Morale! Allora ci si muove in silenzio interiore ma anche una fede [sic!]. Chi ha conosciuto entrambi può anche “almeno aver percepito la personalità di entrambi”! Dunque se ci si vuole anche osservare non solo i dieci capitoli demolitori di Orao da parte di HDP, ma anche quanto poi ha affermato riguardo alla cristologia in genere allora si potranno trarre le conclusioni».
Anzitutto, ‘avere spregiudicatezza’ non significa affatto accettare per fede: significa avere il coraggio di esaminare diligentemente anche quella che può apparire una ‘verità improbabile’; significa, inoltre, avere il coraggio di affrontare una ‘verità scomoda’, che può far crollare dal piedistallo ‘figure’, che, come ‘idoli’, vengono sentimentalmente ‘adorate’ da molti. ‘Spregiudicatezza’ significa ‘esaminare’, non ‘accettare obbligatoriamente’. Da parte mia, poi, io non sono affatto «in bilico tra Fede e coscienza». Io non ho affatto ‘fede’ in ciò che Rudolf Steiner afferma: io ho certezze assolute, ossia sono certo, assolutamente certo – per averle verificate, razionalemente e sperimentalmente verificate – di una serie di sue affermazioni. Chiaramente, non tutte: nella pratica interiore, la verifica è ‘opus in fieri’. Ma, evidentemente, in oltre cinquant’anni di Scienza dello Spirito praticata quotidianamente con appassionato ardore, dedicandovi tutte le forze e tutto il tempo disponibile, ‘qualcosa’ avrò pur ‘sperimentato’, anche se – per innato pudore – non è mia abitudine parlarne. Ed ho verificato altresì, che una serie di affermazioni di Orao sono decisamente errate, che sono false, ossia : che non sono altro che menzogne.
Rudolf Steiner, nelle Osservazioni preliminari alla prima edizione tedesca della sua La Scienza Occulta nelle sue linee generali, editrice Antroposofica, Milano, 1969 – cito da una delle varie edizioni pubblicate dall’Editrice Antroposofica, perché penso esse siano più accessibili al signor M. rispetto alle edizioni Laterza di prima della guerra – pp. 27-28, a proposito del ‘verificare’ le sue comunicazioni di Scienza dello Spirito, così scrive:
«Ma tutto ciò che andrebbe detto, a questo proposito, è contenuto nel libro stesso, nel quale si mostrerà come il pensiero razionale» – il ‘pensiero razionale’, dunque, per Rudolf Steiner, e non la ‘fede’ limitante la ‘ragione’, come affermano Orao ed M. – «possa e debba essere assolutamente la pietra di paragone di quanto vi è descritto. Solamente chi sottoponga questo contenuto a un esame razionale, non altrimenti di quanto si fa per il contenuto delle scienze naturali, potrà decidere su quello che l’intelletto dice di un siffatto esame. […]
Sebbene il libro si occupi di indagini non accessibili all’intelletto legato al mondo dei sensi, pure nulla vi è detto che non sia comprensibile alla ragione scevra di preconcetti, e ad un sano senso della verità di ogni persona che voglia usare le sue qualità umane. L’autore lo dice chiaramente: egli vorrebbe soprattutto lettori che non fossero disposti ad accettare per fede cieca il contenuto del libro, ma piuttosto tali che si sforzassero di controllarlo sulla scorta delle conoscenze della propria anima e delle esperienze della propria vita1. Egli desidera soprattutto lettori prudenti che ammettano soltanto ciò che può giustificarsi logicamente. L’autore sa che il suo libro non varrebbe nulla, ove dovesse fondarsi esclusivamente sulla fede cieca; esso vale solo nella misura in cui può giustificarsi di fronte alla ragione spregiudicata. La fede cieca può troppo facilmente scambiare ciò che è stolto e superstizioso con ciò che è vero. Alcuni che volentieri si accontentano della sola fede nel «soprasensibile» troveranno che in questo libro si esige troppo dal pensiero. Ma in questa esposizione non si tratta di un’esposizione purchessia; essa deve corrispondere a ciò che risulta a un’indagine coscienziosa dei rispettivi domini della vita. E si tratta proprio di quei domini nei quali le cose più alte confinano facilmente con la ciarlataneria sfacciata, e nei quali la conoscenza e la superstizione si toccano nella vita reale; dove, soprattutto, è così facile confonderle fra di loro».
Riporto anche la nota 1, di Rudolf Steiner, relativa a questo paragrafo:
«Non si vuole alludere solamente al controllo scientifico-spirituale, mediante i metodi d’indagine soprasensibile, ma anzitutto al controllo, perfettamente possibile, sulla base del sano e spregiudicato pensare umano. (Nota aggiunta alla IV edizione del 1913)».
Il lettore attento ha potuto constatare, nel corso di questo mio studio sul libro Resurrezione, come l’opera di Orao non sia affatto ‘scevra di presupposti’ – come rigorosamente esige, invece, la scientificità del ‘metodo’ di Rudolf Steiner – e come, già ad un semplice esame razionale e logico, essa mostri insanabili incongruenze e contraddizioni patenti nei confronti dell’Opera del Maestro dei Nuovi Tempi. Ora, l’investigazione spirituale di Rudolf Steiner, ch’egli sottopone volentieri – anzi, come abbiamo visto, lo esige – all’esame razionale, è basata un ‘metodo’, che ha una giustificazione conoscitiva, mentre la ‘veggenza visionaria’ di Orao non si fonda su una base scientifica conoscitivamente giustificata, e che, di conseguenza, porta a risultati palesemente errati e contraddittori, con grave pregiudizio del valore della ‘novella via iniziatica del Graal’, che pretende e presume voler indicare.
Massimo Scaligero riferisce, in Dallo Yoga alla Rosacroce. come proprio dalla lettura, avvenuta nella primavera del 1940, di alcune pagine della Scienza Occulta di Rudolf Steiner, che trascrivo dall’edizione di Laterza del 1932, la stessa da lui allora usata, egli trasse la certezza assoluta della rigorosa e della veridicità della ‘Via’ indicata dall’Antroposofia. In quelle pagine, ch’egli volle indicarci, vi è il ‘metodo’ assolutamente sicuro che conduce l’aspirante all’Iniziazione all’esperienza diretta del Mondo spirituale. È il ‘metodo’ del ‘pensiero libero dai sensi’, contro il quale si sono scagliati gli strali di coloro che propugnano una morbida ‘via dell’anima’, e parlano della ‘Via del Pensiero’ come di una ‘via’ pericolosa, che potrebbe sfociare nella ‘via del sublime egoismo’. Giova, quindi, riportare quelle parole di Rudolf Steiner, perché mostrano quanto si sia lontani dall’ambiguo mondo fantastico e sentimentale di Orao. Così troviamo alle pp. 223-225:
«Il valore interiore del gradino immaginativo della conoscenza viene assicurato, quando in appoggio delle concentrazioni (meditazioni) animiche appunto descritte, il discepolo coltiva l’abitudine di ciò che si può chiamare il «pensiero libero dai sensi». Allorché l’uomo si forma un’idea basata su quanto è stato osservato nel mondo fisico-sensibile, questa idea non è libera dalla influenza dei sensi. Ma non è detto che l’uomo possa formarsi soltanto idee di quel genere, né che il pensiero umano diventi vuoto e insignificante quando non è riempito dalle osservazioni dei sensi. Per il discepolo dell’occultismo la via più sicura per conseguire tale pensiero libero dai sensi potrebbe essere quella, di assimilare gl’insegnamenti della scienza dello Spirito riguardo ai fatti del mondo superiore e formare di essi il contenuto del proprio pensiero. Questi fatti non possono essere osservati per mezzo dei sensi fisici; nondimeno il discepolo si accorgerà che li può comprendere, purché eserciti sufficiente pazienza e perseveranza. Il mondo spirituale non può essere da noi investigato senza un’adeguata preparazione; ma anche senza la disciplina superiore possiamo arrivare a comprendere tutto ciò che ci viene riferito dagli occultisti. Se qualcuno ritenesse di non poter accettare con convinzione ciò che viene riferito dagl’investigatori, perché direttamente non è in grado di verificare quelle notizie, egli cadrebbe in errore, essendo assolutamente possibile, per mezzo della semplice riflessione, di acquistare l’assoluta convinzione della verità di quelle comunicazioni. E se qualcuno non riesce con la riflessione a formarsi tale convinzione ciò non proviene affatto dall’impossibilità di «credere» a qualcosa che non si vede, ma unicamente dal fatto, che la sua riflessione difetta tuttora di imparzialità, di larghezza e di profondità. Per chiarire questo punto bisogna riflettere, che il pensiero umano, quando si stimola interiormente con energia, arriva ad abbracciare un campo molto più vasto di quello che di solito gli viene assegnato, poiché il pensiero contiene un’essenza interiore, la quale è in rapporto con il mondo supersensibile. L’anima di solito non è cosciente di questo rapporto, perché è abituata a educare il suo pensiero soltanto per il mondo dei sensi, e giudica perciò incomprensibili le comunicazioni tratte dal mondo supersensibile; ma queste sono comprensibili, non soltanto per il pensiero educato alla disciplina occulta, ma anche per ogni pensiero, che sia cosciente di tutta la propria forza e desideroso di servirsene. Assimilando continuamente in tal modo gl’insegnamenti dell’investigazione occulta ci si abitua a pensieri che non sono tratti dalle percezioni dei sensi; s’impara a riconoscere che nell’intimità dell’anima un pensiero vien contessuto dall’altro, un pensiero si associa all’altro, anche quando il loro nesso non è determinato dalla forza dell’osservazione sensoria. L’essenziale è il fatto di accorgersi, che il mondo del pensiero ha una vita interiore, e che mentre si pensa ci si trova nel campo di una forza supersensibile vivente. L’uomo dice a se stesso: «Vi è in me come un organismo formato di pensiero; io sono però tutt’uno con esso». Abbandonandosi al pensiero libero dai sensi si diventa coscienti di un’essenza che fluisce nella nostra vita interiore, così come le proprietà delle cose sensibili che noi osserviamo con i sensi fluiscono in noi attraverso i nostri organi fisici. L’osservatore del mondo fisico dice: «Là fuori, nello spazio, vi è una rosa; essa non mi è estranea, perché mi si rivela per mezzo del suo colore e del suo profumo». Orbene, quando agisce nell’uomo il pensiero libero dai sensi, basta ch’egli sia spregiudicato per poter dire ugualmente a se stesso: «Qualcosa di essenziale si rivela a me, ricollega in me un pensiero all’altro e costituisce in tal modo un organismo formato di pensiero». Le due attività però destano sentimenti diversi; vi è una differenza fra ciò che si palesa all’osservatore del mondo sensibile esteriore, il quale vede la rosa, e ciò che essenzialmente si rivela all’uomo nel pensiero libero dai sensi. Il primo osservatore si sente di fronte alla rosa, si sente al di fuori di essa, mentre colui che si abbandona al pensiero libero dai sensi ne sente l’essenza che gli si rivela come dentro di sé, si sente tutt’uno con essa. L’uomo, il quale più o meno incoscientemente dà valore essenziale soltanto a ciò che gli sta di fronte come oggetto esteriore, non potrà certamente avere il senso che una cosa di per sé essenziale possa rivelarsi a lui anche per il fatto ch’egli si senta tutt’uno con essa. Per discernere la verità a questo riguardo occorre potere avere la seguente esperienza interiore. Bisogna imparare a distinguere fra le associazioni di idee volontariamente create e quelle sperimentate in noi, quando la nostra volontà è messa a tacere. Nell’ultimo caso si può dire: «Io rimango completamente tranquillo, non provoco nessuna concatenazione di idee, mi abbandono a ciò che «pensa in me». Allora si può dire con ragione: «Agisce in me un alcunché di essenziale»; come pure si ha diritto di dire: «Ricevo un’impressione dalla rosa, quando vedo un determinato colore, o percepisco un determinato profumo». Non vi è nessuna contradizione nel fatto di avere attinto il contenuto dei proprii pensieri dagl’insegnamenti dell’investigatore spirituale. I pensieri già esistono quando ci abbandoniamo ad essi; ma non si potrebbero pensare se non si creassero ogni volta a nuovo nell’anima. Si tratta appunto di questo: che l’investigatore occultista desti nel suo uditore o lettore dei pensieri, che questo deve attingere anzitutto in sé stesso, mentre colui il quale descrive delle realtà sensibili indica qualcosa che può essere osservato dall’uditore o dal lettore nel mondo sensibile».
Il fondamento conoscitivo dell’esperienza iniziatica indicata da Rudolf Steiner, basata sull’essenza originaria del pensare che ritrova il proprio vivente essere non riflesso, è evidente dalle su riportate parole del Maestro dei Nuovi Tempi nella sua Scienza Occulta. È una ‘Via Assoluta’, ossia ‘incondizionata’, ‘senza presupposti’, non contaminata da nulla che sia esterno all’‘atto’ del pensare puro, del pensiero libero dai sensi, del pensare attuante se stesso in se stesso: come ‘forma’ e ‘sostanza’, al contempo, di se stesso: nel pensiero vivente coincidono ‘forma’ e ‘sostanza’, e pensare sentire e volere. Orao, invece, parte da presupposti religiosi, confessionalmente condizionati in senso cattolico, e si appoggia su personali, soggettive, esperienze ‘mistiche’ e ‘visionarie’, tutt’altro che indipendenti dal corpo, che generano errori ed illusioni. Orao propone una ‘Iniziazione graalica’, una ‘Iniziazione della coppia’, strettamente fondata su una errata visione cosmologica, frutto di sue sognanti esperienze soggettive: comunque divergenti dalle chiare comunicazioni di Rudolf Steiner. Inoltre, Orao, come vedremo, sempre sulla base della propria errata concezione cosmologica, propone una ‘pratica’, definita ‘rituale’, di coppia che rischia fortemente – per mancanza di fondamento conoscitivo – di scivolare in una di quelle forme di ‘magia sexualis’, che abbondano negli ambienti dell’occultismo cattolico: il caso del conte Umberto Alberti, Erim, di Catenaia e di sua moglie Ersilia, il caso di Paolo e di Luciana Virio, sono esempi emblematici, oltremodo eloquenti, di un tale ‘scivolamento’. Sed de hoc sapienti satis.
A p. 84 del capitolo La ricerca del Graal di Resurrezione, troviamo il collegamento che Orao compie tra la propria soggettiva, errata, visione cosmologica, l’identificazione ancora più errata, e soprattutto blasfema, di Lucifero col ‘Settimo Elohim’, ossia con Jahve, e la sua problematica ‘operazione rituale’ tra uomo e donna. Infatti, ivi così leggiamo:
«E poiché a tale trasmutazione del Sé superiore nel Cristo cooperano le entità angeliche cui abbiamo accennato, occorrerà mai smarrire che la ritualizzazione iniziatica d’amore è una realizzazione cosmica: la coppia ne è l’esecutrice; sacerdote, forza e impulso il Logos. È dalla coppia però che tale Impulso si diffonde su tutta l’aura della Terra e, più da vicino ancora, su tutti quanti sono e si muovono intorno all’uomo e alla donna immessi in tale sacra operazione.
Il mondo spirituale ha come demandato ai due il cómpito di restituire redenzione al Settimo Elohim, perfino alla sua azione nello spazio celeste-solare, affinché egli possa tornare ad essere da entità lunare entità solare, divenendo il più importante collaboratore del Cristo. «Oggi stesso sarai con me in Paradiso», questa promessa diviene così attuazione del Logos nell’essere umano, ma inizialmente proprio nella coppia. Pertanto, se tutto potrà essere ricongiunto con la matrice ideale originaria, la prima funzione da redimere sarà proprio quella che per prima subì la contaminazione, ossia la funzione procreativa. Si sottolinea il fatto che innanzi tutto l’unione sessuale tornerà ad essere finalità per la procreazione come fu in origine, allorché ci si sentiva spinti ad unirsi perché un’anima doveva incarnarsi. Nei remotissimi tempi tale spinta era possibile perché sostanza maschile e femminile non erano ancora coppia, ma unità predestinata dall’Alto per il compiersi nel terrestre di un determinato stato evolutivo che l’anima che si incarnava doveva percorrere».
Anzitutto, la diffusione dell’Impulso del Christo nell’aura della Terra – stando a quel che afferma nel 1908 Rudolf Steiner nel ciclo di Amburgo sul Vangelo di Giovanni – non è opera dell’‘azione rituale’ – leggi ‘sessuale’ – della coppia umana, perché, se dipendesse realmente da tale ‘azione rituale’, allora la situazione dell’umanità sarebbe veramente disperata. È opera, invece, di quel che avvenne nel Mistero del Golgotha: come vedremo in un mio studio, attualmente in preparazione. Infatti, così si esprime Rudolf Steiner nella dodicesima, ed ultima conferenza, del 31 marzo 1908, intitolata La Vergine Sofia e lo Spirito Santo, nel Vangelo di Giovanni, trad. di Willy Schwarz, L’Editrice Scientifica, Milano, 1956, pp. 210-211:
«Ma cosa si era compiuto, in verità? In verità, quella compagine corporea, di Gesù di Nazareth, abbandonata dall’io, era talmente matura, talmente perfetta, che poté penetrarvi il Logos solare, l’essenza dei sei Elohim, che abbiamo descritto come l’essenza spirituale del Sole. Esso poté incarnarsi per tre anni in quella corporeità, poté farsi carne. Il Logos solare (che per mezzo dell’illuminazione può risplendere nell’uomo), il Logos stesso, lo Spirito Santo, vi penetrò; vi penetrò l’io cosmico, e da quel momento, dal corpo dei Gesù di Nazareth parlò per tre anni il Logos solare, cioè il Cristo. A questo evento si accenna nel Vangelo di Giovanni (e anche negli altri Vangeli) con l’immagine della discesa della colomba, dello Spirito Santo, su Gesù di Nazareth. Nel cristianesimo esoterico questo fatto si esprime dicendo che in quel momento l’io di Gesù di Nazareth abbandona il suo corpo e che da allora parla in lui lo spirito del Cristo, per insegnare ed operare. Questo è il primo grande evento, espresso nel Vangelo di Giovanni: abbiamo dunque il Cristo nel corpo fisico, eterico e astrale di Gesù di Nazareth. Egli opera nel modo e nel senso che abbiamo descritto, fino al mistero del Golgotha. Che cosa avviene sul Golgotha? Avviene quanto segue. Teniamo presente il momento veramente importante, quello in cui il sangue scorre dalle ferite del Crocifisso. Per chiarire meglio la cosa, ricorrerò a un paragone.
Immaginate di avere un recipiente pieno d’acqua, in cui fosse disciolto un sale. Se si procede a raffreddare l’acqua, il sale si deposita: si potrà vedere come il sale precipita e si deposita in basso. Questo è il processo, come si manifesta a chi osservi solo con gli occhi fisici; ma per chi guardi con occhi spirituali, avviene anche qualcos’altro, attraverso l’acqua, e la riempie tutta. Il sale può precipitare solo in quanto lo spirito del sale lo abbandona per diffondersi nell’acqua. Chi conosce queste cose, sa che laddove ha luogo una precipitazione, oppure una condensazione, avviene sempre una spiritualizzazione. Quel che si condensa dunque verso il, basso, ha la sua controparte spirituale, verso l’alto. Anche nel mistero del Golgotha, dunque, non avvenne solo un fatto fisico: mentre il sangue fluiva, si svolgeva anche un processo spirituale. E questo consiste nel fatto che lo Spirito Santo, ch’era stato accolto nel Battesimo nel Giordano, si congiunse con la Terra. Da quel momento, la Terra fu trasformata; come ho già ricordato nelle conferenze precedenti, vista da un astro lontano, la Terra avrebbe presentato una completa trasformazione dal momento dell’evento del Golgotha. Il Logos solare doveva congiungersi colla Terra, allearsi con lei, diventarne lo Spirito».
Poi, che «il mondo spirituale ha come demandato ai due [cioè, secondo Orao, alla coppia uomo-donna] il cómpito di restituire redenzione al Settimo Elohim [ovverossia di Lucifero erratamente, e sacrilegamente, identificato con Jahve], perfino alla sua azione nello spazio celeste-solare, affinché egli possa tornare ad essere da entità lunare entità solare, divenendo il più importante collaboratore del Cristo», è un’affermazione di Orao, che francamente non sta né in Cielo né in Terra. E questo perché Lucifero non è affatto il settimo Eloah o Eloha, ossia non è Jahve, e non è punto una ‘entità lunare’ – come abbiamo potuto vedere nelle parti precedenti del presente studio. Personalmente, io – nella mia molto limitata sapienza, e nella mia illimitata ignoranza – mi ero modestamente fatto l’idea essere Michael – il ‘Volto del Christo’ – ‘il più importante collaboratore del Christo’. Rudolf Steiner afferma che la redenzione di Lucifero non avverrà nella fase di evoluzione ‘Terra’, e nemmeno nella prossima incarnazione della Terra, ossia sul futuro ‘Giove’, e che essa si attuerà solo sulla futura ‘Venere’. Quelli di Orao sono errori non da poco: errori addirittura capitali. Ed è inquietante che la ‘graalica via della coppia’, che propone in Resurrezione, discenda in linea diretta proprio da simili errati presupposti, frutti di una deviata ‘veggenza visionaria’. Infine, l’affermazione di Orao, che: «si sottolinea il fatto che innanzi tutto l’unione sessuale tornerà ad essere finalità per la procreazione come fu in origine», è proprio una dottrina – ‘dogma’ da obbligatoriamente credere, e ‘precetto’ al quale disciplinatamente obbedire – della Chiesa cattolica, mentre la visione antroposofica e rosicruciana è completamente differente. Ma ancora una volta, dantescamente, ‘le carte son piene’, e devo rimandare al proseguo di questo studio l’esame della ‘via iniziatica’ che Orao ha la presunzione di indicare.